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°°Lettera ad Alessandro: alla Tua Età i Gattini Li Salvavo°°

Mai avrei immaginato, un giorno, di scrivere una lettera aperta indirizzata a un ragazzo di 17 anni qui sul mio blog. Mai avrei immaginato di dover lanciare un messaggio ben chiaro contro la violenza sugli animali indirizzato a una persona così giovane.

No, non ho visto il video dove Alessandro (questo sembra essere il suo nome), diciassettenne campano lancia da un dirupo un gattino di poche settimane di vita.
Non lo faccio perché la mia sensibilità mi porterebbe a vivere uno stato d’angoscia per giorni, che sommato alla tristezza per quanto subiscono gli animali quotidianamente diventa ancor più insostenibile.

Mi è bastato vedere quel fermo immagine dove quel povero gattino viene mostrato prima di essere lanciato come un sasso, come un oggetto, quando nemmeno gli oggetti andrebbero lanciati dai dirupi, figuriamoci degli esseri senzienti.
Una creatura piccola che sarebbe dovuta stare con la sua mamma assieme agli altri fratelli e sorelle, e non certamente nelle sue mani per diventare vittima sacrificale di un video alla ricerca di visualizzazioni.


Ci sono tante cose che vorrei dire ad Alessandro, tantissime, e che indirizzo a tanti coetanei che come lui scambiano la violenza sugli animali per un gioco, per qualcosa di cui vantarsi e da far vedere, per sentirsi grandi..

Chi ti ha insegnato che si trattano così gli animali, Alessandro?
Lo hai appreso dai tuoi genitori? dai tuoi parenti? da conoscenti e vicini di casa?
Lo hai imparato guardando altri video violenti su internet, utilizzando in modo improprio la possibilità di connetterci in rete, o è frutto della tua volontà?

Ho vissuto qualche anno anche io in Campania, ma non ho mai fatto miei gli atteggiamenti violenti contro gli animali che ho visto attuare sulle creature detenute da chi mi circondava. I gatti poi, che purtroppo nascevano a decine perché la sterilizzazione ancora era tabù, li ho sempre amati. I gattini, soprattutto da piccoli, sono fra le realtà più belle del mondo di cui si può fare esperienza. Come tutti i cuccioli del resto. Le loro zampette dai gommini morbidissimi, i loro occhi che gradualmente svelano il vero colore, le loro vibrisse cortissime, la loro pelliccia soave, la loro voce squillante inconfondibile. Pochi centimetri d’esistenza capaci di farti innamorare e di provare tenerezza.

Come si può arrivare a prendere un gattino per fargli intenzionalmente del male?
Cosa ti è saltato in mente, Alessandro?

Ne ho portati via tanti, dalla Campania, di gattini.
Tanti, troppi. Figli di gatte mai sterilizzate, frutto di cucciolate che deliziavano gli umani che potevano coccolare i piccoli ma che poi, diventati adulti, dovevano trovare il loro posto nel mondo. E spesso il posto era finire sotto le ruote delle auto, avvelenati (quanti casi in Campania, ahimè), nelle mani di chiunque ne facesse richiesta per vivere una vita a cacciare topi.
Ne ho portati via trasportini pieni per farmi carico della loro salute, del loro benessere, per regalargli un futuro migliore lontano dall’indifferenza delle persone. C’è un motivo se volontari e volontarie preferiscono le adozioni in altre regioni.

Sai Alessandro..
Tu hai lanciato in un burrone una di quelle creature per le quali io ho sofferto terribilmente.
E non sono l’unica, visto che le stesse emozioni le vivono persone che fanno volontariato per gli animali.
Tu che prendi un micio e lo lanci non puoi sapere cosa vuol dire accoglierlo fra le proprie mani per cercare di sostituirsi alla sua mamma perché è rimasto orfano.
Non sai cosa voglia dire svegliarsi la notte per dargli la pappa e riaddormentarsi un’ora dopo quando hai finito di massaggiargli la pancia per stimolarne i bisogni.
Non sai cosa voglia dire vivere nell’angoscia perché il latte in polvere spesso non è tollerato.
Non sai cosa vuol dire sentirsi morire dentro quando ti affacci alla copertina in pile e vedi uno dei gattini che stai cercando di salvare ormai morto, dal corpicino freddo, con gli occhi e la piccola bocca aperta in un ultimo miagolio di aiuto. Tu non puoi sapere quante lacrime ho versato io e quante ne versano altre persone volontarie per ogni creatura che non ce la fa, perché poco importa se tutti gli altri sopravvivono: quando li salvi vuoi salvarli tutti. Sapere che anche uno solo non ce l’ha fatta, che non farà mai esperienza dell’amore di esseri umani adottanti, che non diventerà mai grande ti devasta.

Hai 17 anni. Alla tua età avevo già 5 anni di vegetarianismo alle spalle (quello che ho visto fare in Campania agli animali da cortile mi ha portato irrimediabilmente a prendere per sempre le distanze da ogni forma di violenza) e varie esperienze nell’allattare gattini rimasti senza la mamma. I social network, all’epoca, non erano quelli di oggi e non avevamo una connessione internet tale da poter stare ore a fare video demenziali da postare in rete.
Forse era meglio, forse era un bene.
A differenza tua, la tecnologia l’ho sempre utilizzata per fare qualcosa di concreto per gli animali.
Il blog sul quale scrivo è nato nel 2006, quando avevo 16 anni, nel periodo più nero della mia esistenza. Non potevo sentirmi libera di parlare dei diritti animali coi miei coetanei. La mia sensibilità e il non mangiare animali mi è costata scherno, derisione e vergognoso bullismo.
Questo blog è nato per poter scrivere liberamente sulle altre creature, incrociando finalmente persone affini di città, regioni, stati diversi.

Ma tu come l’hai utilizzata, questa tecnologia più avanzata di quella che disponevo io nel 2007?
Per girare un video dove mostravi un povero gattino lanciato lontano.
Per condividere la tua malefatta con altre persone.
Ti aspettavi complimenti? ti aspettavi migliaia di visualizzazioni? ti aspettavi di sentirti importante?

E adesso, leggo, che hai chiesto scusa accompagnato da tuo padre in Questura.

Spero con tutto il cuore che ti arrivino tante di quelle denunce da parte delle associazioni animaliste da farti comprendere cosa significa fare del male agli animali.
Non bastano delle semplici scuse: chi sbaglia deve pagare, chi fa del male a creature innocenti deve essere disciplinato e rieducato su come si sta al mondo perché evidentemente non ha ancora capito.

Dai giornali apprendo che nel video avresti detto “è malato, vabbuò..“.
Sai cosa ti dico, Alessandro?
Che ai problemi fisici c’è, fortunatamente, quasi sempre una cura. Sia per umani che per animali.
Mentre è la forma mentis specista, che porta anche a violenza efferata, a essere difficili da sanare.

Che i tuoi coetanei, che nessuno prenda mai esempio da te.
Che la violenza venga SEMPRE condannata e punita.


Carmen



Mirtillo, il primo gattino a cui ho fatto da balia in autonomia. Avevo 19 anni e andavo al liceo.
È stato adottato nella città di Firenze dopo lo svezzamento.


Altre foto di gattini salvati dalla morte sostituendomi alla loro mamma per l’allattamento artificiale.

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