Archivi giornalieri: 30 novembre 2024
“Non si può chiamare Formaggio”: Diffidato il Caseificio Vegano di Barbara Ferrante
Pubblicato da Carmen Luciano
La lingua è in costante evoluzione. Le e i parlanti, in questo infinito mutamento che rompe ogni vincolo calato dall’alto, giocano da sempre un ruolo fondamentale. Secoli di intrecci fra etnie e dialoghi fra persone dalla cultura e dal livello sociale variegato hanno dato vita a processi linguistici che ci hanno portato fino al linguaggio odierno, ricco di espressioni che affondano le radici in un passato più o meno recente. Sostantivi che oggigiorno utilizziamo quotidianamente possono dunque avere un’etimologia particolare e specifica. È il caso della parola FORMAGGIO.
“Il termine formaggio, che utilizziamo per indicare un alimento fatto con il latte animale, deriva dal francese antico formage, che a sua volta – essendo il francese una lingua romanza come l’italiano – deriva dal latino medievale formatĭcum. Alla lettera, significava ‘messo in una forma‘. In questo caso notiamo come il sostantivo impiegato per indicare il contenitore ha determinato anche il suo contenuto, in termini linguistici. Sorte analoga per l’odierno sostantivo ‘fegato‘: in latino era ‘iecur ficatum’, di cui ‘iecur‘ era l’organo interno degli animali, e ‘ficatum‘ stava a descrivere la preparazione con i fichi. Oggi non associamo più la parola fegato ai fichi, ma sono proprio i fichi ad aver determinato il sostantivo fegato”.
Sarebbe stato utile se queste nozioni di linguistica generale e di filologia romanza, che ho avuto modo di apprendere durante il mio percorso universitario Triennale e Magistrale presso l’Università di Pisa, fossero state seguite con attenzione anche dai protagonisti di questa triste vicenda di cui vi sto per parlare e che ruota attorno proprio al sostantivo ‘formaggio‘.

Barbara Ferrante, vegana e attivista per i diritti animali nonché proprietaria di un caseificio dove si producono ‘formaggi’ 100% vegetali, ha recentemente ricevuto una diffida da parte del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, fra le varie cose, per aver definito sui social gli alimenti interamente vegetali che produce a San Giovanni in Persiceto, nella provincia di Bologna, “formaggi vegani” e “alternativa vegetale al formaggio“.
Tale diffida, giunta attraverso il Dipartimento dell’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e della Repressione Frodi dei Prodotti Agroalimentari – Ufficio Italia Nord-Est, sarebbe pervenuta poiché il termine “formaggio” utilizzato per indicare i suoi alimenti di origine vegetale sarebbe un’informazione non regolare (art. 17 del Reg. (UE) n. 1169/2011, Reg. (UE) n. 1308/2013). Per la legge, solo i prodotti di origine animale, realizzati con latte di altre specie, possono chiamarsi “formaggio”. Una decisione che sembra un puntiglio manzoniano, se si riflette e pensa che il formaggio di origine animale non è altro che SECREZIONE MAMMARIA CAGLIATA (spesso proprio con caglio di origine animale, ossia abomaso dei lattanti ) DI FEMMINE ANIMALI INGRAVIDATE, SFRUTTATE, COSTRETTE A PARTORIRE CICLICAMENTE E MANDATE AL MACELLO e messo in una ‘forma‘.
Agli occhi di persone avanguardiste, consapevoli che le varie normative in vigore nei secoli umani spesso non combaciano con l’etica né con un certo livello di sensibilità, tutto questo appare assurdo come oggi è ritenuto assurdo che lo scrittore francese Flaubert nel 1857, all’età di 35 anni, sia stato denunciato assieme alla sua opera “Madame Bovary” per immoralità. Le cieche leggi del tempo non riuscivano a vedere l’assenza di una volontà di base di corrompere la società, come forse oggi non si riesce a comprendere che se un proprietario vegan, di un’azienda vegan produce un “formaggio” vegan, non vuole né fare concorrenza sleale a chi campa sullo sfruttamento di esseri senzienti quali sono gli animali “da latte”, né ingannare consumatori e consumatrici. Tutt’altro.
Nel frattempo, mentre in Italia il Ministero dell’Agricoltura si occupa di queste imprese di cui faccio fatica a trovare l’aggettivo giusto, la Corte di Giustizia UE ha accolto il ricorso di quattro aziende francesi contro un decreto parigino che vietava l’uso del termine “salsiccia” per indicare alimenti di origine vegetale. Il “meat sounding” è stato dichiarato lecito (articolo qui).
Come comportarsi davanti a queste gesta orwelliane?
• Purtroppo non solo Barbara Ferrante ha ricevuto una contestazione simile. Ci sono altre realtà empatiche che hanno subito attacchi. Gli interessi nel settore zootecnico e agroalimentare sono alti ed è probabile che queste attività emergenti siano viste come scomode. Consumatori e consumatrici hanno il potere incentrato nelle proprie mani: continuare a sostenere attività 100% vegan, gestite da persone che non consumano animali, è necessario.
Aumentare gli acquisti e il sostegno verso di loro, evitando di finanziare quelle realtà che si ergono sulla sofferenza animale, è un messaggio chiaro che si lancia al Ministero stesso.
Il Ministero sarà anche della “Sovranità Alimentare”, ma noi non siamo sudditi e suddite, e le altre specie non sono nostre schiave.
• Le varie associazioni animaliste e tutte le altre realtà nazionali che appoggiano la filosofia di vita vegan DEVONO unirsi e istituire una società vegana italiana, come quella inglese, mossa da soli nobili principi e dalla volontà di rendere il veganismo una filosofia riconosciuta dalla Legge, tutelata come ogni altra minoranza di pensiero e religione.
Inoltre, reputo che sia doveroso esternare il nostro dissenso e schierarsi dalla parte di chi lavora non a discapito degli animali, lanciando un messaggio CHIARO: non siamo pochi, non siamo poche, siamo un movimento in costante crescita che cambierà radicalmente il destino di miliardi di animali.
Ecco dunque che vi invito a inviare una mail di dissenso indirizzata al Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, al ministro Lollobrigida, al Dipartimento dell’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e della Repressione Frodi dei Prodotti Agroalimentari – Ufficio Italia Nord-Est. Testo da poter utilizzare:
“Gentile Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste
Gentile Ministro Lollobrigida
Gentile Dipartimento dell’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e della Repressione Frodi dei Prodotti Agroalimentari – Ufficio Italia Nord-Est
con la presente comunicazione scritta intendo esternare la mia vicinanza a Barbara Ferrante, titolare del Caseificio Vegano di San Giovanni in Persiceto (BO), che recentemente ha ricevuto una diffida per aver utilizzato il termine “formaggio” e “alternative vegetali al formaggio” per definire i suoi alimenti di origine vegetale. Dal punto di vista filologico ed etimologico, il termine “formaggio”, che utilizziamo per indicare un alimento fatto con il latte animale, deriva dal francese antico formage, che a sua volta – essendo il francese una lingua romanza come l’italiano – deriva dal latino medievale formatĭcum. Alla lettera, significava ‘messo in una forma‘. In questo caso notiamo come il sostantivo impiegato per indicare il contenitore ha determinato anche il suo contenuto, in termini linguistici. Sorte analoga per l’odierno sostantivo ‘fegato‘: in latino era ‘iecur ficatum’, di cui ‘iecur‘ era l’organo interno degli animali barbaramente uccisi, e ‘ficatum‘ stava a descrivere la preparazione con i fichi. Oggi non associamo più la parola fegato ai fichi, ma sono proprio i fichi ad aver determinato il sostantivo fegato. Questo solo per citare due esempi, di cui il primo assolutamente pertinente con questa situazione.
Trovo quasi un puntiglio manzoniano che si arrivi a tanto. Non nutro alcun dubbio sulle intenzioni della signora Ferrante, mossa invece da genuina volontà di cambiare le sorti delle vittime dell’industria zootecnica attraverso il suo nobile lavoro basato sulla produzione di alimenti privi di sfruttamento animale. Da parlante, da persona consumatrice, ritengo che l’uso del termine “formaggio” per indicare alimenti interamente vegetali sia utile per economia di linguaggio, e che “alternativa vegetale al formaggio” indichi chiaramente – anche a chi purtroppo ancora consuma corpi animali – che quel determinato alimento non contiene nulla di origine animale. Un “formaggio vegetale” è logico che sia fatto non con il latte, latte che – se proprio si vuol essere puntigliosi – andrebbe definito per ciò che è: secrezione mammaria di creature mammifere di altre specie animali che viene sottratto loro per scopi commerciali. E pensare che il latte è un alimento specie specifico: ogni madre dovrebbe allattare il proprio cucciolo.
Concludo questa missiva per ricordarvi che, sebbene esista una sovranità alimentare, cittadini e cittadine non configurano sudditanza, e che le altre specie non sono a loro volta nostre schiave.
Sarà un processo lungo, come tutti quelli che si sono manifestati lungo i secoli e millenni della storia per apportare migliorie alla nostra specie, ma anche la Legge dovrà comprendere presto che le altre esistenze della Terra sono esseri senzienti e non prodotti.
Distinti saluti.
Nome, Cognome, Città
Da inviare a:
icqrf.nordest@masaf.gov.it
LOLLOBRIGIDA_F@CAMERA.IT
ministro@masaf.gov.it
Indirizzo email da inserire in CCN:
thinkgreen.livevegan.loveanimals@gmail.com
Grazie a chi deciderà di schierarsi dalla parte di chi difende gli animali.
Carmen Luciano, Vegan Blogger
Dottoressa Magistrale in Lingue, Letterature e Filologie Euroamericane
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