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°°[Ricette] Budino al Cioccolato e Nocciole°°

Care lettrici e cari lettori, in questo articolo condivido con voi la ricetta per preparare in casa dei freschissimi budini 100% vegetali al cioccolato con retrogusto tipo caffè, che possono essere arricchiti con nocciole o altra frutta secca. Ottimi come dolce dopo i pasti ma anche per una gustosa merenda.

Ingredienti per circa 3-4 vasetti:

• 500 ml di latte di riso (o altra bevanda vegetale che preferite)
• 70 grammi di zucchero grezzo
• 20 grammi di cacao amaro in polvere
• 30 grammi di amido di mais
• 1 cucchiaio di orzo solubile
• 1 cucchiaino raso di agar agar (vi suggerisco questo per ottimo rapporto quantità-prezzo)

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In un pentolino mettete lo zucchero, il cacao in polvere, l’amido di mais, l’orzo solubile e l’agar agar.
Mescolate bene tutto e versate piano piano il latte di riso. Con una frusta da cucina oppure un cucchiaio di legno, unite energicamente tutti gli ingredienti e accendete il fuoco a fiamma bassa.
Mescolate continuamente per evitare la formazione dei grumi.
Portato a ebollizione, mescolate ancora qualche minuto e poi spegnete il gas.
Versate il fluido, che sarà decisamente più denso di come era in partenza, dentro dei vasetti di vetro senza chiuderli con il tappo. Aggiungete, se desiderate, della frutta secca come mandorle, nocciole o arachidi per decorare.
Lasciate che i vasetti diventino a temperatura ambiente e poi metteteli, chiusi con coperchio, in frigo. Dopo qualche oretta i budini si saranno solidificati, acquisendo una compattezza che li rende perfetti da mangiare al cucchiaio, ma morbidi che si sciolgono in bocca.

Per renderli ancora più golosi, potete aggiungere un po’ di panna da montare vegetale con una spolverata di cannella.
Se siete intolleranti al glutine, al posto dell’orzo solubile potreste usare la cicoria solubile: il dolce sarà così gluten free!
Ed ecco fatto: i budini sono pronti per essere gustati!

Alla prossima idea in cucina.


Carmen

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°°Finalmente Riconosciuti come Rifugi Permanenti i Santuari di Animali Salvati°°

Care lettrici e cari lettori,
un importante passo avanti è stato fatto nella lunga strada che porta alla fine dello specismo.

Non più allevamenti, anche se non lo sono mai stati: i Santuari di animali salvati da maltrattamenti e dalla morte sono stati finalmente riconosciuti come rifugi permanenti.
Ne dà notizia la Rete dei Santuari di Animali Liberi, di cui condivido il comunicato pubblicato su Facebook:

𝐒𝐚𝐧𝐭𝐮𝐚𝐫𝐢 𝐧𝐨𝐧 𝐚𝐥𝐥𝐞𝐯𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢!

E’ fatta!
Finalmente possiamo dirlo.
𝐄’ 𝐠𝐢𝐮𝐧𝐭𝐨 𝐢𝐥 𝐫𝐢𝐜𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐠𝐢𝐮𝐫𝐢𝐝𝐢𝐜𝐨 che attendevamo.
Per il quale abbiamo lavorato tanto.
In salita, quando di santuari ancora si parlava poco o niente.
E ci viene un po’ da piangere.
Di gioia e felicità.
Siamo commossi.
E soddisfatti.
Perché avevamo ragione.
Abbiamo sempre avuto ragione.
Fin dall’inizio.

Che i santuari esistessero, era ovvio.
Ma eravamo, nostro malgrado, intrappolati ed etichettati come allevamenti.
Da oltre 10 anni rivendichiamo invece la nostra esistenza ed essenza.
Unica e caratteristica.
La nostra preziosa specificità.

Rimarcando la distanza infinita che ci ha sempre separati dalle anguste categorizzazioni che pretendevano di definirci.
Sbagliando.
Relegandoci in un cassetto, inappropriato, in cui normativa e burocrazia ci avevano intrappolati. Castrati.
Stritolati.

Possiamo finalmente toglierci di dosso il fastidioso vestito che ci avevano affibbiato.

𝐍𝐨𝐧 𝐬𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐚𝐥𝐥𝐞𝐯𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢.
𝐍𝐨𝐧 𝐥𝐨 𝐬𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐦𝐚𝐢 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐢.
𝐍𝐨𝐧 𝐥𝐨 𝐬𝐚𝐫𝐞𝐦𝐨 𝐦𝐚𝐢.

Inizia una nuova era.

Quella dei 𝐬𝐚𝐧𝐭𝐮𝐚𝐫𝐢 𝐩𝐞𝐫 𝐚𝐧𝐢𝐦𝐚𝐥𝐢 𝐥𝐢𝐛𝐞𝐫𝐢.

Così 𝐧𝐞𝐥 𝐃𝐞𝐜𝐫𝐞𝐭𝐨 𝐌𝐢𝐧𝐢𝐬𝐭𝐞𝐫𝐢𝐚𝐥𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝟕 𝐦𝐚𝐫𝐳𝐨 𝟐𝟎𝟐𝟑, 𝐩𝐮𝐛𝐛𝐥𝐢𝐜𝐚𝐭𝐨 𝐥𝐨 𝐬𝐜𝐨𝐫𝐬𝐨 𝟏𝟔 𝐦𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨 𝐢𝐧 𝐠𝐚𝐳𝐳𝐞𝐭𝐭𝐚 𝐮𝐟𝐟𝐢𝐜𝐢𝐚𝐥𝐞 𝐥𝐞𝐠𝐠𝐢𝐚𝐦𝐨, 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚 𝐯𝐨𝐥𝐭𝐚, 𝐥𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐨𝐥𝐚 “𝐬𝐚𝐧𝐭𝐮𝐚𝐫𝐢”.
Il Manuale Operativo, facendo riferimento al decreto legislativo 134 del 2022, elenca e descrive le diverse strutture che detengono e, nel nostro caso, ospitano, animali.

Ed è a pagina 23, precisamente al punto 12, comma 3, sottopunto C che, tra le sotto voci del “Rifugio per animali diversi da cani, gatti e furetti”,

OPLA’,

si trova e descrive il “𝐑𝐢𝐟𝐮𝐠𝐢𝐨 𝐩𝐞𝐫𝐦𝐚𝐧𝐞𝐧𝐭𝐞 (𝐜𝐨𝐬𝐢̀ 𝐝𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐬𝐚𝐧𝐭𝐮𝐚𝐫𝐢𝐨) che ricovera bovini, equini, ovini, caprini, suini, ecc.”

C’è proprio scritto santuario.
E’ commovente, tutto è capitolato.
Ed, ecco, il mondo sottosopra.
Finalmente.
Si sono arresi anche al termine a quanto pare.

Che dire ora?
Ci attende una manciata di giorni in sospeso prima di adeguare la banca dati.
E poi sarà possibile registrarci in una specifica area dedicata ai santuari.
Certo è ancora la banca dati nazionale degli animali così detti da reddito.

Ma attenzione.

Voilà.

𝐒𝐚𝐫𝐞𝐦𝐨 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐞𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐒𝐢𝐧𝐚𝐜, 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐝𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐧𝐢𝐦𝐚𝐥𝐢 𝐝𝐚 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐚𝐠𝐧𝐢𝐚.
Un luogo irraggiungibile.
Dove solo cani gatti e furetti potevano stare.
E, invece, eccoci qui.
Con l’incredibile che diventa possibile.
L’inaudito che va in scena.

Non è tutto risolto, però.

Sarebbe troppo semplice.
Dovremo vigilare e accertarci che i decreti attuativi ci rappresentino.
Siano in grado di descrivere la bellezza dei nostri rifugi.
Sappiamo che non sarà possibile.
E che, probabilmente, saranno inadeguati.
O renderanno, solo in parte, la nostra realtà.
Ma sarà un punto di partenza su cui lavorare e costruire.
Per tradurre in realtà quel piccolo miracolo che i santuari rappresentano.

La speranza.
Di fronte alla desolazione, tutta intorno.
Che ora, più che mai, tra la furia della natura, l’alluvione e l’efferatezza dei maltrattamenti all’ordine del giorno, mostra l’orrore inaccettabile di un sistema produttivo in rovina.

L’agonia di un mondo morente da cui occorre staccarsi e prendere sempre più le distanze.



°°[Spagna] Abolita la Corrida dei “Toreri Nani”°°

Piccoli passi in avanti, ma purtroppo non per gli animali non umani, sono stati fatti in Spagna in ambito di uno degli spettacoli ‘culturali’ più violenti al mondo: la corrida.

Il parlamento Spagnolo negli ultimi giorni di aprile ha approvato definitivamente l’abolizione delle corride con toreri affetti da microsomia, che come potete vedere dall’immagine sotto (uomo in alto a destra), facevano ridere il pubblico. In termini legislativi, si tratta del recepimento di un’importante direttiva europea che riguarda la non discriminazione di persone con disabilità in ambito di spettacoli pubblici e ricreativi.

«Sono vietati gli spettacoli o le attività ricreative in cui le persone con disabilità o tale circostanza siano utilizzate per provocare scherno, derisione o dileggio da parte del pubblico in maniera contraria al rispetto dovuto alla dignità umana», recita il testo del parlamento.

Uno spettacolo increscioso, quello di esseri umani dall’altezza ridotta, fatti esibire in arena con tori spaventati, istigati, feriti. Pensare che si sia dovuti giungere al 2023 per vederne la fine mette i brividi.

La decisione parlamentare spagnola è stata applaudita dalle associazioni che difendono i diritti umani e le persone con disabilità.

Lascia però enormemente amareggiati il rugginoso antropocentrismo presente anche in queste “svolte di civiltà”: se utilizzare dei toreri affetti da microsomia è un atto contrario alla dignità umana, è un atto contrario alla dignità animale anche mettere in arena degli animali che non hanno alcuna intenzione di essere ‘toreati’ e ammazzati per far divertire il pubblico.



Essendo la cultura ispanica base della mia formazione universitaria, mi sono spesso ritrovata a dover difendere gli animali e la loro vita esternando la mia opinione antispecista ad alcuni docenti spagnoli (non tutti, fortunatamente) a favore di questa ‘tradizione’ del proprio paese.
Nello scambio di idee, pacato, è emersa una forma mentis davvero antropocentrica, in cui l’animale (allevato appositamente per finire nelle plazas de toros) verrebbe onorato, omaggiato, sublimato con una morte istrionica.
“I tori comunque devono morire, e questo è un modo molto poetico, e bello, di rendere grazia alla loro morte”.

Un “comunque” che desta sconforto.
È qui che bisogna ancora lavorare molto. Servono energia, dedizione ed educazione al rispetto e all’empatia, e servirà anche tempo, ma arriveremo a comprendere e a far comprendere che nessun animale esiste sulla terra per servirci in alcun modo. Nessun animale nasce per “morire comunque” nelle nostre mani.
Far venire al mondo delle creature destinandole a perire per il nostro divertimento è brutale, inaccettabile, disumano.

“Ma la carne dei tori non viene sprecata, viene data in beneficenza” mi è stato risposto quando ho fatto notare che nessuno merita di essere tormentato e ucciso pubblicamente per far sollazzare uomini e donne vestiti a festa che pagano per assistere alle sevizie di innocenti.
Un classico: la facciata benefica per ripulire le macchie scarlatte che lascia la violenza gratuita.

In una società civile non si farebbe beneficenza con il corpo martoriato di qualcuno, se ne farebbe in altro modo, ma non in questo.
Per far capire il concetto a chi vede negli esseri umani la specie prescelta sulla Terra e negli animali delle esistenze alla nostra mercé, bisogna prendere come esempio gli esseri umani.

Se dei ragazzi (vista l’età dei tori mandati a morire nelle arene) venissero feriti, mutilati su richiesta (nelle plazas la gente può chiedere taglio delle orecchie e della coda dei tori) e ammazzati con tutt’intorno una folla pagante ed esultante, lo definiremmo spettacolo culturale?
E se dopo averli uccisi conficcando uno spadino nel loro cranio i corpi di questi ragazzi, che hanno cercato di difendersi nonostante il dolore fisico, venissero fatti a pezzi e sporzionati (dietro le arene ci sono solitamente dei mattatoi) e dati in pasto a qualche tribù cannibale, la definiremmo beneficenza?



Questo scenario distopico desta la nausea, giusto?
È la stessa nausea che sale a persone che non vedono differenza fra le specie senzienti che esistono al mondo.
È la stessa nausea che sale quando vediamo delle creature volontariamente menomate (i tori entrano nelle arene con banderillas conficcate nel corpo, dopo essere stati a digiuno e messi al buio, e sembrerebbe con gli occhi sui quali viene messa della vasellina per offuscarne la vista) finire tormentate per il pubblico giubilo.

È stata abolita una caratteristica vergognosa della corrida,
ma noi attendiamo impazientemente l’abolizione totale di questa incivile mattanza, definita oltraggiosamente tradizione e cultura.



Carmen

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