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°°Se Un’Attività Vegan Introduce Animali o Derivati nelle Offerte°°

Care lettrici e cari lettori,
in questo articolo desidero affrontare un tema molto importante che riguarda in modo diretto gli animali.

Come sappiamo, nel mondo del commercio sono sempre più numerose le attività che offrono opzioni 100% vegetali e animal-free, che sia nel settore dell’abbigliamento, della cosmesi o della ristorazione. Le attività commerciali simili sono veramente un bellissimo esempio che dimostra in che modo il mondo del lavoro e dei servizi può combaciare in modo armonioso con l’etica e il rispetto per la vita degli animali e per la salute dell’ambiente.

Cosa succede però se un’attività nata vegan, rispettosa delle altre specie, di punto in bianco modifica la propria filosofia aziendale introducendo derivati corporei animali o addirittura corpi animali nelle proprie offerte? Cosa succede se si inizia a “giocare con la sacralità della vita”, citando parole di Percy Bysshe Shelley?

Per qualsiasi ragione accada, una tale scelta è sempre un passo indietro verso l’amore per la giustizia, per la libertà e per la tutela delle altre creature, sempre.
Ma è anche un messaggio pericolosamente sbagliato per altre attività e per la clientela stessa.
Un’attività che da rispettosa per la vita scende a compromessi dimostra che con l’esistenza delle altre specie che vivono sulla Terra si può scendere a compromessi.
Un pensiero del tutto antropocentrico che grava su esistenze innocenti e le condanna alla prigionia, alla sofferenza e alla morte. A una non-vita, in sintesi.
Un’attività che per motivi commerciali passa dall’offrire dei beni o servizi privi di sofferenza a beni e servizi che contengono la sofferenza di qualcuno (che per giunta non può difendersi), giustifica la supremazia umana sulle altre specie e la normalizza.
Un’attività dove regnava l’empatia che retrocede, tacitamente mostra che in nome del business e degli introiti economici si può calpestare la vita di chi non gode di nessun diritto.

Per questi motivi una mente razionale e un animo sensibile non possono che provare estrema lontananza da decisioni simili.

Chi accetta, accoglie o addirittura sostiene l’inversione di rotta lo fa a discapito di quelle creature che, confinate dentro allevamenti che lasceranno solo il giorno della partenza al mattatoio, non possono esprimere il loro giudizio o gridare “lasciateci in pace! lasciateci vivere! ci avete voluto far nascere con la forza, non obbligateci a soffrire!

Trovo molto più decoroso per un’attività etica che non riesce ad andare avanti o non va come vorrebbe, riflettere su nuove strategie per avvicinare nuovi clienti o, se non ci sono speranze, nel cambiare settore lavorativo.

Valentina Muscas scrive:
“Ho avuto per 5 anni una gastronomia vegana a Cagliari… le cose non andavano bene.. tutti mi consigliavano di cambiare menù e includere almeno i prodotti vegetariani…ma come avrei potuto guardare negli occhi i miei clienti vegani affezionati ?! Alla fine ho preferito chiudere…”
Valentina Muscas


Raffaella Pestarino scrive:
“Mi dispiace per tutte le persone che ci hanno creduto e hanno aperto gastronomie, ristoranti, agriturismi vegani e che adesso devono chiudere. Lo dico col cuore. È così difficile, almeno dalle mie parti, trovarne uno (anche solo una pizza, non parliamo dei dolci. Le brioche vegane sono una chimera e, a volte, non hanno nemmeno il latte vegetale) che quando quelli che ci sono, anche se lontani, chiudono è veramente un dispiacere. Spero che troviate la vostra strada in altri settori. Penso sia giusto non scendere a compromessi ma ci vuole coraggio e siete da ammirare per aver scelto di chiudere piuttosto che integrare con prodotti non vegani.”



Fino a quando metteremo i soldi al primo posto, i soldi verranno al primo posto di ogni cosa: non solo degli animali, degli ideali e della compassione.

Personalmente, con una clientela già consolidata, ho smesso di rappresentare un’azienda di prodotti cosmetici vegetali quando in una linea secondaria è stato introdotto “collagene marino“, detto in modo più onesto e preciso, grasso proveniente dal corpo dei pesci. Il mare infatti non ha collagene, mentre alcuni suoi abitanti sì.
Ho dato importanza a quanto guadagnassi e ai miei benefici?
No. Nemmeno un secondo.
Ho dato importanza a quelle creature nelle quali mi sono immedesimata: fatte nascere dentro allevamenti “biologici”, ammazzate senza pietà e commerciate non solo per i loro resti ma anche per le loro componenti organiche.
Farei altre mille volte quella scelta, dettata dal rispetto per ogni forma di vita, vita che mai e poi mai dovrebbe essere impiegata a uso commerciale umano.
Ho messo al primo posto l’amore per gli animali: il denaro può arrivare da altre fonti.
Non credo nei compromessi, e non scendo a compromessi, quando vanno a discapito di chi non ha colpe.


Colgo l’occasione per ringraziare tutte le persone che sostengono quelle attività dai sani principi etici che li portano avanti con passione e determinazione: queste realtà meritano tutto il nostro appoggio.

Sappiano tutte le attività che hanno a cuore gli animali, la loro difesa e la difesa dell’ambiente, che avranno sempre il mio totale, gratuito appoggio attraverso il mio blog e i miei canali social.
I contatti per far conoscere la propria realtà sono presenti sulla colonna a destra.



Carmen


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