Archivi giornalieri: 26 aprile 2020
°°[Psicologia] Sessualizzazione del Corpo Femminile nella Pubblicità°°
Nuovo appuntamento con la rubrica di Psicologia a cura della Dottoressa Ligeai Zauli, Psicologa Sessuologa.
L’argomento di oggi è la mercificazione, nonché la sessualizzazione, del corpo femminile nella pubblicità.
Quante volte abbiamo visto réclame con donne ammiccanti, con abiti succinti, promuovere cibi o altri beni?
Soprattutto per le pubblicità di alimenti di origine animale tale scelta pubblicitaria è molto gettonata.
Cosa spinge ad accostare il corpo femminile, desiderio sessuale, a corpi di animali macellati?

SESSUALIZZAZIONE DEL CORPO FEMMINILE NELLA PUBBLICITÀ
Che un corpo femminile sia piacevole da osservare lo dice anche la scienza. Uno studio americano che ha sottoposto donne e uomini ad un esperimento sull’attrazione provata di fronte ad immagini e video neutri o di natura sessuale (e perfino relative a scimmie che si accoppiano) ha dimostrato che non solo gli uomini, ma anche le donne, mostrano una certa attivazione di fronte ad un corpo femminile, a prescindere dal proprio orientamento sessuale. Per questo è sempre stato in voga utilizzare il corpo di una donna nelle pubblicità: per attirare l’attenzione della maggior parte della gente.
Tutto è partito negli anni Cinquanta, dove la donna era rappresentata come la moglie casalinga, subordinata all’uomo, remissiva ed anche oggetto sessuale, più o meno esplicito.
Qualcosa è cambiato? Sì, l’espressione, ma non di certo la forma. La dicotomia donna madre o moglie/santa versus donna non sposata/poco di buono è insita nella nostra cultura da decenni e tale stereotipo risulta ancora apparentemente indistruttibile. ll corpo della donna viene rappresentato nudo o seminudo nelle pubblicità, non perché la donna voglia esprimere la sua libertà nel mostrarlo e sia quindi una sua scelta consapevole, ma perché rappresenta un qualcosa che produce vendite. Il corpo femminile viene oggi strumentalizzato non tanto per sottolineare il ruolo casalingo e materno della donna, ma per porre il focus sui suoi connotati sessuali, questo è evidente e palese: nelle pubblicità, nelle trasmissioni dove la donna sembra puramente una decorazione.

Che sia l’acqua, uno yogurt o addirittura una pezzo di carne (quindi una parte corporea di un essere senziente ucciso) la donna che appare nelle réclame non viene mai vista come una persona e la sua dignità risulta completamente ignorata.
Tipico risulta il fenomeno della parcellizzazione dell’immagine, cioè la presentazione di una parte del corpo femminile privata del volto, al solo scopo di richiamare l’attenzione; questo fa si che il richiamo sessuale sia più esplicito ed istintivo.
Si mette in primo piano la bocca, i fianchi, i seni o le natiche e non il corpo nella sua interezza, come nelle bellissime statue Greche.
In più, come se non bastasse, i corpi mostrati fanno riferimento a certi stereotipi di bellezza: giovinezza, magrezza, con filtri e ritocchi.
Gli elementi caratterizzanti questa forma di sessualizzazione del corpo femminile, oltre alla frammentazione, sono l’annullamento della donna in quanto persona, lo sguardo provocante e gli stereotipi di genere associati anche alle bambine.
Quasi non ci si fa più caso, non è vero? Perché vedere sempre un determinato stimolo ci fa abituare, si ci assuefa ad esso.
Questo è molto pericoloso; legittimare un comportamento, alimentando stereotipi o banalizzando non fa che rendere culturalmente accettabile qualcosa che in realtà non dovrebbe esserlo.
Invece andrebbe combattuto e disprezzato, in quanto l’oggettivazione sessuale rischia di portare al meccanismo psicologico alla base di episodi di violenza e un certo stereotipo di genere poi inevitabilmente crea conseguenze anche sull’immagine maschile, costretta e vincolata in stereotipi complementari (l’uomo rude, che non parla, che non si emoziona, che non deve chiedere mai e così via).

Infine, paragonare il corpo di una donna a pezzi di animali morti è qualcosa di altamente ripugnante e spregevole per svariate ragioni.
Se per qualcuno pare un gesto goliardico, che strappa pure risate, dall’altra parte il sessismo esplicito e di bassa lega per fortuna smuove critiche e crea disgusto.
E’ possibile segnalare la pubblicità che non rispettano etica, morale e valori sul sito dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, compilando il seguente form:
http://www.iap.it/le-attivita/per-i-cittadini/inviare-una-segnalazione/
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