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[Massa] “Un Tè con Shelley”: Presentazione Libro con l’Autrice e Incontro Divulgativo

Care lettrici e cari lettori,

vi informo con molto piacere che sabato 5 ottobre 2024 si terrà una nuova presentazione del mio libro “Percy Bysshe Shelley Pensatore Antispecista” (Carmignani Editrice) in collaborazione con l’associazione Amici a Quattro Zampe di Massa.

L’evento, di carattere divulgativo circa le posizioni del Poeta su alimentazione vegetale e diritti animali, avrà luogo nell’accogliente Montanelli Café (Viale Roma 3, Massa).

Alle ore 17:00 verrà offerta una tazza di tè caldo accompagnata da biscotti 100% vegetali, bevanda che Shelley amava particolarmente tanto da essersi conquistato il soprannome di “a-theist” nella sua cerchia di amici.

A seguire, verrà presentato il libro che ha debuttato lo scorso 28 giugno e che sta riscuotendo successo in tutta Italia con centinaia di copie vendute.

Ripercorreremo assieme i momenti salienti della vita del giovane poeta, scoprendo assieme le sue azioni in difesa delle creature appartenenti alle altre specie che egli definiva “fellow animals“, mostrando la differenza fra Shelley e Lord Byron inerente al rapporto con gli animali da compagnia.
Verranno inoltre affrontati il tema dell’antispecismo nel 1800 e di come i pensieri shelleyiani possano ancora oggi riformare l’umanità mediante i suoi scritti “Queen Mab“, “A Vindication of Natural Diet” e “On the Vegetable System of Diet“.

Per partecipare alla presentazione è richiesta una donazione libera e consapevole, che verrà totalmente devoluta all’associazione Amici a Quattro Zampe di Massa che si occupa di accudire animali salvati dall’abbandono e dai maltrattamenti.

Sarà possibile inoltre acquistare una copia del libro (18 euro) direttamente durante la presentazione, ricevendo in omaggio un segnalibro fatto a mano e materiale informativo sull’alimentazione vegetale.

I posti sono limitati, pertanto la prenotazione è necessaria.
Per prenotare la propria partecipazione e/o copia del libro, inviare una mail a info@carmenluciano.com, oppure telefonicamente al numero 3356102423, indicando il proprio nominativo e quello di eventuali persone accompagnatrici.

Pagina Facebook ufficiale dell’eventoCliccare QUI

Vi aspettiamo!



Carmen








°°[Cultura] Sylvia Plath: The Rabbit Catcher e la Sofferenza Creaturale°°

Sylvia Plath è stata fra le poetesse inglesi più importanti e promettenti del periodo Modernista.
La sua tragica fine ha sottratto al mondo della letteratura e della poesia chissà quali altri componimenti carichi di riflessioni e sentimenti che avremmo potuto leggere.

Di lei si parla relativamente poco. Ho avuto la possibilità di conoscere la sua storia e la sua arte letteraria solo attraverso il Corso di Letteratura Inglese Contemporanea seguito all’Università di Pisa, tenuto dal professor Fausto Ciompi.


Sylvia nacque in America, a Boston, nel 1932.
Perse il padre quando era molto giovane, ed il rapporto con lui avuto mentre era in vita influenzò molto l’idea che aveva della mascolinità. Il legame con la madre Aurelia, che lei definiva ‘Medusa’, fu molto problematico a causa del suo incarnare ideali patriarcali. Personalità estremamente delicata e sensibile, tentò più volte il suicidio, prima di riuscire nell’intento di porre fine alla sua vita.

Sylvia era appassionata di letteratura, era sensibile, era promettente. Fu durante i suoi studi a Cambridge, in Inghilterra, che incontrò per la prima volta Ted Hughes, futuro poeta laureato inglese e ben presto suo marito.

Ted e Sylvia si sposarono, e dalla loro unione nacquero Frieda e Nicholas (quest’ultimo, morì suicida). Nel 1961 il matrimonio, già instabile per le differenze caratteriali dei due, subì un duro colpo con la conoscenza di Assya Wevill. Assya, particolarmente femminile, aveva preso in affitto parte della loro casa assieme al marito. Non passò molto tempo che diventò una delle molteplici amanti di Ted.
Un giorno Sylvia, non sopportando più l’idea di condurre un’esistenza simile, mise al sicuro i bambini nella loro camera, sigillò la cucina e si suicidò inalando i gas del forno. Era l’11 febbraio 1963, e Sylvia aveva solo 30 anni.

Assya, che nel frattempo aveva avuto una bambina presumibilmente da Ted, decise di porre fine alla sua esistenza attuando lo stesso suicidio di Sylvia, con la differenza che non mise al sicuro la piccola Sura, ma decise di portarla via con sé.


Sylvia è stata una poetessa espressionista. In sé aveva grandi energie e grandi passioni. Si ispirò molto a T.S. Eliot, e dopo averlo conosciuto fu Ted Hughes stesso la sua fonte di ispirazione.
Nella sua poetica troviamo molte descrizioni, così accurate che sembra che il suo vissuto sia dipinto con la penna. Attraverso i versi è riuscita a mettere a nudo la sua interiorità, tanto che la sua poesia è definita dai critici confessional poetry. Una poesia di emozioni estreme, di passioni, di tristezza, di sincerità e di autenticità.

Il motivo per cui Sylvia Plath è presente sul mio blog nell’area dedicata alla cultura risiede nella sua poesia The Rabbit Catcher, che verrà analizzata in chiave antispecista in questo articolo.
Come già anticipa il titolo dell’opera, il componimento parla della caccia di frodo ai conigli, una pratica illegale ai tempi in Inghilterra poiché violava le leggi del Regno. Ciò che è interessante è il sentimento di Sylvia nei confronti di questa pratica, e la sua vicinanza alle vittime intrappolate.


It was a place of force—
The wind gagging my mouth with my own blown hair,
Tearing off my voice, and the sea
Blinding me with its lights, the lives of the dead
Unreeling in it, spreading like oil.

I tasted the malignity of the gorse,
Its black spikes,
The extreme unction of its yellow candle-flowers.
They had an efficiency, a great beauty,
And were extravagant, like torture.

There was only one place to get to.
Simmering, perfumed,
The paths narrowed into the hollow.
And the snares almost effaced themselves—
Zeros, shutting on nothing,

Set close, like birth pangs.
The absence of shrieks
Made a hole in the hot day, a vacancy.
The glassy light was a clear wall,
The thickets quiet.

I felt a still busyness, an intent.
I felt hands round a tea mug, dull, blunt,
Ringing the white china.
How they awaited him, those little deaths!
They waited like sweethearts. They excited him.

And we, too, had a relationship—
Tight wires between us,
Pegs too deep to uproot, and a mind like a ring
Sliding shut on some quick thing,
The constriction killing me also.



Era un luogo di forza—
Il vento, che li smuoveva, mi imbavagliava coi miei stessi capelli
Strappandomi la voce, e il mare
Mi accecava con le sue luci, le vite dei morti
Scorrevano in esso, diffondendosi come petrolio.

Ho assaporato la perfidia della ginestra,
Le sue spine nere,
L’estrema unzione dei suoi fiori giallo cera.
Avevano efficacia, una grande bellezza,
Ed erano eccessivi, come una tortura.

C’era solo un luogo dove poter passare.
Ribollendo, profumati,
I sentieri si restringevano verso la cavità del terreno.
E le trappole quasi si nascondevano—
Zeri, chiudendosi di scatto sul niente.

Messi vicino, come doglie.
L’assenza di grida
Creava un vuoto in quella giornata afosa, un’assenza.
La luce vitrea era un muro chiaro,
I cespugli erano silenti.

Sentivo un’immobile frenesia, una volontà.
Sentivo mani cingere una tazza da tè, smussata, opaca,
Che facevano risuonare la porcellana bianca.
Come lo aspettavano, quelle piccole vittime!
Lo aspettavano come innamorate. Lo eccitavano.

E noi, pure, avevamo una relazione—
Lacci stretti fra di noi,
Ganci troppo profondi per essere estirpati, e una mente come un anello
Chiuso lentamente su una cosa veloce,
La presa stava uccidendo anche me.

Traduzione: Carmen Luciano


La poesia nasce da un ritaglio di tempo libero passato in famiglia. Sylvia e Ted sono con i figli nel verde dei campi inglesi poco distanti dalla loro casa nel Devon, in prossimità del mare. Una natura che non sente benevola.
Ad un certo punto, mentre camminano, Sylvia nota delle trappole per catturare i conigli, disposte dai contadini del luogo di nascosto dalle autorità.
Sylvia si immedesima con estrema naturalezza nelle vittime di quelle trappole. Le toglie dal suolo, cerca di romperle, le getta via davanti agli occhi increduli di Ted, che invece riteneva quegli strumenti fonti di sostentamento per chi li aveva collocati nelle campagne. L’uomo scriverà diversi anni dopo una poesia dallo stesso titolo per dare la sua versione del fatto accaduto.

Sylvia vede nella sofferenza del coniglio, che nel suo leggiadro e silenzioso movimento finisce intrappolato fra i denti metallici del marchingegno perdendo così la vita di stenti, anche la sua sofferenza. Una sofferenza creaturale che la fa sentire vittima assieme alle altre vittime di altre specie. Sente dentro di sé la sofferenza di quell’animaletto che niente di male aveva fatto al mondo per meritare una fine simile. Sensibile e delicato l’animale, sensibile e delicata lei; tintinnano le catene dei cacciatori di frodo, così come tintinna la fede nuziale su una tazza di thè.
Sylvia paragona il suo matrimonio soffocante alla trappola che ha tolto la vita alla creatura.
The constriction killing me also“: così termina la poesia, che non lascia spazio ad altre interpretazioni. Quel matrimonio sente che la sta uccidendo, destinandola allo stesso destino del coniglio trovato nella trappola.

Probabilmente Sylvia non aveva abbracciato né vegetarismo né veganismo, anche se devo documentarmi maggiormente in merito. Leggendo la sua opera The Bell Jar infatti non mancano riferimenti al consumo di carne da parte dei personaggi. Ma da questa poesia emerge chiaramente il suo sentimento di vicinanza verso creature fatte nascere per soffrire, subire e morire, e tutta la sua empatia nei confronti della loro sofferenza, motivo per cui non potevo non parlarne sul mio blog dedicandole questo articolo.

Conoscevate già questa poetessa?
Avevate già letto questa poesia?
Quale sensazione vi suscita la sua lettura?
Fatemelo sapere nei commenti.




Carmen Luciano
Dott.ssa in Lingue e Letterature Straniere
Lingue, Letterature e Filologie Euromericane

°°Studiare fra Tanti Ostacoli – La mia Laurea in Lingue e Letterature Straniere°°

Finalmente è arrivato il momento in cui posso raccontare apertamente la mia esperienza riguardo allo studio. Ho constatato che il mio vissuto accomuna molte – troppe – persone, per questo spero che le mie parole possano raggiungere chi sente di non farcela e ha bisogno di ricevere sostegno.

Ieri si è concluso il mio percorso universitario iniziato nel 2016 presso l’Università di Pisa. Mi sono laureata in Lingue e Letterature Straniere, curriculum letterario con lingua spagnola e lingua inglese.
Dietro alla graziosa corona d’alloro, dietro alla tanto desiderata tesi di laurea, dietro alla felicità e alle lacrime di commozione per il raggiungimento di un traguardo per me così importante c’è una storia che poche persone sanno, e che adesso può venire alla luce.

Cinque anni fa non avevo nemmeno il diploma di scuola superiore.

Fa una sensazione strana scrivere questa frase, forse per chi mi conosce di persona fa strano anche leggerlo, ma è la verità. Cinque anni fa non ero ancora diplomata. Avevo preso le distanze dallo studio poiché enormemente amareggiata da quanto vissuto durante il liceo. Quegli anni sono stati costellati da eventi molti tristi, e la mia passione per l’istruzione si era spenta. Il percorso che mi ha portato a ritornare sui libri e sui banchi di scuola è stato particolare e bellissimo, ma prima di arrivare a questo passaggio è necessario fare un passo indietro e attraversare il momento buio che mi ha condotto alla luce.

Finiti i tre anni di scuole medie, fra i più belli della mia vita, mi iscrissi a un istituto tecnico a indirizzo turistico della provincia di Pisa. Per una professoressa delle medie non ero da liceo, sebbene fossi portatissima per le lingue straniere e nel mio libretto ci fossero voti alti, e quindi il suo suggerimento cadde proprio su quel tipo di scuola. Lo seguii anche per rimanere in contatto con un’amica che si sarebbe iscritta allo stesso istituto (nota da 31enne: la vita mi ha insegnato che le amicizie spesso finiscono, quindi anche se siete giovani, ricordatevi di non mettere al secondo posto la vostra formazione e le vostre passioni). Da ragazzina delle medie entusiasta di intraprendere un nuovo percorso mi sono ritrovata a essere “matricola” in una scuola superiore caotica e confusionaria dove la voglia di studiare mancava in tante persone in classe. In quella situazione, fra lezioni disturbate da schiamazzi, ‘minacce’ da parte dei professori di non portarci in gita o di non farci fare scambi interculturali per la scarsa educazione dimostrata, sono durata pochi mesi.
Un giorno dallo stress svenni in pullman. Ricordo che ero in piedi, mi mantenevo alla maniglia di un sedile. Poi il buio. Mi ritornò la vista dopo non so quanto, forse dopo qualche minuto. Qualcuno mi aveva messa a sedere. Vedevo i colori alterati. Arrivata a scuola quella mattina chiamai mia mamma e le dissi che ero svenuta e che non mi sentivo bene. Ancora vedevo male i colori. Corse a prendermi, e quello fu l’evento che comportò un cambiamento radicale. Era febbraio dell’anno 2005, e quelli furono i miei ultimi giorni in quella scuola.

Mia mamma mi iscrisse, dopo aver parlato coi dirigenti scolastici, in un rinomato liceo linguistico della provincia di Firenze, dove a sua detta ‘mi sarei dovuta iscrivere sin dall’inizio’. Sapeva che mi piaceva studiare, che ero brava nelle lingue e che quella sarebbe stata la scelta migliore. In quel liceo però non mi diedero proprio un caldo benvenuto.
Ero una studentessa “d’istituto tecnico” che si era permessa di iscriversi ad anno scolastico inoltrato in un liceo, liceo dove al massimo si andava via per rifugiarsi in scuole più leggere. Avevo perso 4 mesi di lezioni di latino, lingua impegnativa, e delle altre materie le mie conoscenze erano poco al passo con il programma che mi si presentava.
Sono stati mesi duri, nei quali ho cercato di stare al ritmo, bersagliata di compiti e interrogazioni “di recupero quadrimestre precedente” da fare assieme a quelli destinati a tutti gli altri studenti come da programma. Sono arrivata stremata al mese di giugno, con quasi 10 kg di peso persi per lo stress, e con 3 debiti formativi da colmare entro l’estate. Qualcuno mi fece notare che ero stata davvero forte a resistere, visto che altre persone, iscritte da settembre, non avevano retto ed erano state bocciate. Ma per me non vi era “nessuna promessa di arrivare alla classe quinta”.
Questa macchia nera del non essermi iscritta sin da subito al liceo, la fatica provata per recuperare i voti, stare al passo con le lezioni e i problemi di famiglia si unirono purtroppo al bullismo che iniziai a vivere, soprattutto lungo il tragitto in pullman per andare a scuola. La mia colpa, come ho già raccontato sul mio blog, non era quella di essere in sovrappeso o di avere delle orecchie sporgenti (alcuni degli aspetti che vergognosamente vengono fatti pesare alle persone) ma quella di avere uno stile alimentare diverso dagli altri. Per scelta personale, non mangiavo animali già dai tempi della seconda media, avevo avuto un coniglietto come animale domestico e facevo attivismo per i diritti animali (le firme raccolte nel 2004 per la petizione contro il maltrattamento degli animali domestici hanno portati i loro frutti). Questo fu motivo di attacchi personali e di forti umiliazioni vissute nel più totale silenzio dei professori e degli autisti che guidavano il pullman e che assistevano alle scene. Non so come ho fatto a resistere agli insulti, alle provocazioni, ai tentativi di farmi piangere davanti agli altri. So solo che la voglia di vivere stava iniziando a diminuire.
Da adulta quale sono diventata (per fortuna i brutti pensieri non hanno avuto la meglio), mi vergogno enormemente per quelli che lo erano già a quel tempo, e che sarebbero potuti intervenire e non lo hanno fatto, lasciando una ragazza giovane da sola attaccata da più individui. Posso ancora oggi e in parte accettare la non reazione dei coetanei (i bulli avrebbero poi preso di mira chi si sarebbe permesso di difendermi) ma per gli adulti non ci sono scuse.
Sebbene cercassi di dedicarmi allo studio e a coltivare le amicizie, quel clima creatosi attorno a me influenzò negativamente la mia concentrazione e la mia attenzione riguardo alle materie studiate.

Come ha fatto notare la preparatissima professoressa Donatella Fantozzi che ha tenuto i corsi di Pedagogia e Metodologie Didattiche nel percorso PF24 per l’abilitazione all’insegnamento che ho seguito quest’anno all’Università di Pisa, non esistono studenti svogliati, ma solo studenti presi da altre situazioni (spesso problemi familiari) che non hanno abbastanza forza e concentrazione per lo studio. Studenti che con il giusto approccio possono essere aiutati e supportati dai docenti, che dovrebbero essere esempi di vita oltre ai genitori.
Quanto avrei voluto che questo pensiero fosse proprio a quei professori che invece di chiedermi “Carmen, c’è qualcosa che ti preoccupa e hai bisogno di parlarne?” hanno finito per schiacciarmi. Qualcuno che ha speso parole gentili verso di me c’è stato per fortuna, solo due professoresse, e a loro va un mio sincero ringraziamento.



La mia esperienza al liceo linguistico, dopo una bocciatura in quarta, terminò con la non ammissione all’esame di maturità in quinta superiore. Qualcuno tra i professori lo aveva già profetizzato a inizio anno scolastico che non sarei arrivata a giugno. Quando in aula si parlava di tesina e di argomento dell’elaborato finale, che avrei voluto fare sulla magia e su Harry Potter, notavo una malcelata ironia. Solo dopo ho capito il perché di quelle espressioni sarcastiche: inutile parlare di tesina, non l’avrei mai scritta né presentata perché avevano già deciso così.
Lasciai la scuola. Non avevo intenzione di iscrivermi in un altro istituto “più leggero” come suggerito dalla professoressa di italiano che mi dava sempre 5 come voto ai temi, umiliandomi dicendo che “cinque era comunque un bel voto”. Non avevo voglia di iniziare nuovamente la scuola in un altro ambiente. Ero senza energie. Dentro di me c’era una delusione enorme. Cercavo di pensare agli aspetti belli, agli scambi culturali, alla settimana di alternanza scuola-lavoro trascorsa presso un ambulatorio veterinario (volevo diventare veterinaria, ma paura nel vedere gli animali morire mi ha fatto capire che non era quello il mio percorso), a tutto ciò che avevo appreso…



Continuavo a chiedermi però come mai avessi meritato una fine del genere.
Lavoravo già nel week end e in tutti i festivi dall’età di 17 anni, e così decisi di dedicarmi al lavoro e di abbandonare lo studio. Doveva andare così.

Poi, nel 2015, la svolta. Evidentemente, non doveva finire così.
Fui scelta per il Servizio Civile Nazionale in biblioteca. Quell’esperienza, che per me è stata bellissima e fondamentale, mi ha permesso di circondarmi di nuovo di libri e di persone coetanee che studiavano nelle salette per preparare gli esami.
Con i suggerimenti di una cugina di mia mamma poi, che ringrazio ancora tantissimo, mi sono iscritta da privatista al Liceo Linguistico Eugenio Montale di Pontedera, dove ho trovato professoresse disponibili e gentili che mi hanno accolta senza farmi vivere alcuna discriminazione.
Come mi sono preparata per l’esame di maturità? Se ci penso, è stata una follia! Fra lavoro e servizio civile ero impegnata 55 ore alla settimana. Studiavo nei pochi momenti liberi preparandomi in tutte le materie. Ho dovuto superare gli esami di pre-ammissione alla maturità. Ma ce l’ho fatta. Ho ricevuto voti alti, soprattutto in letteratura italiana, e tanti complimenti per il mio stampo giornalistico nei temi. E pensare che 5 era bel voto, no?

Mi sono diplomata assieme a ragazzi e a ragazze più più giovani di me (alcuni credevano fossi la docente di commissione esterna, sorrido ancora al ricordo). Il giorno dell’orale Valentina, una ragazza dolcissima, si presentò con un bigliettino e un cioccolatino per me: “questo è per te, è al cioccolato fondente, è vegan” mi disse.
Lo conservo ancora.

Ho conseguito il diploma di Liceo Linguistico nel 2016 portando una tesina sul veganismo e concretizzando un bel voto che sicuramente mai mi avrebbero dato nella mia prima esperienza al liceo.
L’argomento della tesina colpì molto sia i miei nuovi amici di classe, sia la professoressa di filosofia, che non solo mi chiese una copia dell’elaborato da mostrare alle future classi, ma che attraverso sue conoscenze mi ha portato a stringere amicizia con la docente Patrizia Bianchi con la quale ho tenuto tre lezioni sull’etica antispecista per classi quarte superiori.
Le cose belle della vita!



Conseguito il diploma, in vista della fine del servizio civile in biblioteca trascorso assieme a ragazzi e ragazze che avevano provato e concluso l’esperienza universitaria, mi sono chiesta “perché non provare con l’Università?
Quanto ho fatto bene a pormi quella domanda e a lanciarmi!

Con l’aiuto di mio fratello, già studente in Ingegneria Biomedica, mi sono iscritta al test d’ingresso per Lingue e Letterature Straniere all’Università di Pisa. La seconda scelta più bella della mia vita!

Cosa ha significato per me studiare all’Università di Pisa? Tutto.
Ho superato il test d’ingresso di cultura generale e per me ha avuto inizio il percorso accademico che mai avrei pensato di vivere nella mia vita. una gioia immensa.
Il primo giorno di corsi, con lo zaino pieno di quaderni nuovi in spalla, ho letteralmente pianto dalla felicità davanti al Palazzo Boilleau di Lingue e Letterature Straniere, da quell’angolo dove s’intravede la Torre pendente. E’ stato emozionante trovarmi assieme a tutte quelle persone, dietro a un banco con nuove cose da apprendere. E’ stato bello tutto. Mi sono chiesta “come ho fatto a vivere senza mai andare all’università? Come?”. Non lo so come ho fatto. E’ stata veramente fra le scelte più belle della mia vita. Dopo tanta sofferenza è come se il destino avesse voluto ricompensarmi. Ho conosciuto persone speciali, professori e professoresse sensibili ai diritti animali, ed ho potuto arricchire il mio bagaglio culturale con nuovi apprendimenti anche grazie al DSU.

Venerdì 11 giugno, dopo un percorso un po’ più lungo rispetto a quello di chi ha la fortuna e la possibilità di dedicarsi solo allo studio senza dover lavorare (ho dato degli esami in divisa lavorativa anche prima di entrare di turno, se ci penso..), si è conclusa la mia esperienza universitaria ed ho conseguito la Laurea in Lingue e Letterature Straniere.
Ho discusso una tesi incentrata sulla stregoneria, e se questo è stato possibile lo devo al mio Relatore, il professor Alessandro Grilli, che non finirò mai di ringraziare. Poche settimane fa ho conseguito anche l’abilitazione all’insegnamento, superando i 4 esami di antropologia, psicologia, metodologie didattiche e pedagogia del PF24: un altro bellissimo percorso che mi ha dato tanto, con professori preparati fra i quali spicca la professoressa Donatella Fantozzi che mi ha trasmesso tantissimo a livello umano.


E allora eccomi qua, all’indomani di una bellissima festa trascorsa con la mia famiglia e amiche carissime, a dirvi di non smettere mai di credere nei vostri sogni. So che possono apparire come semplici frasi, ma le ho vissute sulla mia pelle e sono vere. So cosa vuol dire credere di non farcela, so cosa significa sentirsi dire che non si è all’altezza, ma ho scoperto anche cosa vuol dire risollevarsi, ritrovare la fiducia in se stessi e riprendere il proprio percorso. Chiarite dentro di voi le idee, per prima cosa, realizzate quali sono le vostre capacità, le vostre passioni e i vostri desideri, e poi concretizzateli. Non importa quanto tempo impiegherete, ciascuna persona ha il suo percorso e i suoi ritmi, importa raggiungere ciò che ci si è prefissati nella vita.
A chi ha accanto persone giovani un po’ smarrite, o che stanno vivendo situazioni difficili: per favore, siate d’aiuto. Bastano a volte semplici parole d’incoraggiamento per infondere maggiore sicurezza in chi ne ha bisogno.
E’ quello che mi sono prefissata per il mio percorso professionale che voglio intraprendere come insegnante: sarò sempre disposta ad aiutare gli altri, e a ricordargli quanto è importante, nonostante tutto, essere se stessi.
E a tutti i professori e le professoresse: siate un sostegno, un esempio umano di cui avere un bellissimo ricordo, non un ostacolo.

Per chi avesse bisogno di supporto, o anche solo di essere ascoltato/a, può scrivermi a scuola@carmenluciano.com.
Sarò felice di ascoltarvi.

In sintesi:

Aggiornamento del 2024: il 15 aprile è arrivata anche la laurea magistrale in Lingue, Letterature e Filologie Euroamericane.

Ringrazio pubblicamente tutte le persone che in queste ore mi hanno inondato di messaggi carichi di stima e colmi di affetto. Sono grata per tutte le bellissime parole che mi sono state dedicate. Grazie!

Carmen Luciano

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