Archivi giornalieri: 31 Maggio 2023

°°L’Oltraggio della Burocrazia Umana alla Memoria degli Animali Deceduti nei Santuari°°

Martedì 30 maggio 2023 il cuore di uno degli animali sottratto allo sfruttamento e alla morte, ospite di uno dei santuari di animali salvati in Italia, ha cessato di battere.

Vittorio era un maiale di grandi dimensioni, una creatura buona e dolce capace di ispirare tenerezza in chiunque si avvicinasse ad accarezzarlo o per guardarlo nei suoi profondi occhi.
Era stato chiamato così perché fu una vittoria riuscire a sottrarlo alle mani del suo schiavista.
Lo ha ricordato Alessandra Zanotto, attivista animalista, in un commovente elogio funebre pubblicato sul suo profilo personale.

Cinque anni fa lo aveva salvato da condizioni terribili: separato dalla mamma quando era solo un cucciolo, murato vivo, in balìa di un umano che lo terrorizzava e con una condanna a morte – finalizzata al lucro altrui – che pendeva su di sé. Il triste destino imposto a tantissimi altri cuccioli che finiscono sulle altrettanto tristi tavole di chi consuma i loro corpi stremati.
Alessandra ha smosso l’opinione pubblica per riuscire a salvarlo, e ce l’ha fatta.
Un miracolo mettere al sicuro quella creaturina dal particolare nasino metà rosa, metà nero.
Una salvezza tanto desiderata, il tracciare linee nuove di un destino cancellando quelle di una morte preannunciata.

Vittorio fu accolto da Barbara Bertuccelli del Rifugio Alma Libre. In questa oasi di pace situata a Piano di Mommio (LU) ha vissuto per cinque anni. Amato, coccolato, circondato da altre creature liberate dalla schiavitù e da esseri umani desiderosi di entrare in contatto in modo sano con le altre specie.



Cinque anni di amore e di rispetto, fino a martedì 30 maggio, fino a quando il suo cuore non ha ceduto. Una morte inaspettata che ha gettato nello sconforto chiunque abbia conosciuto Vittorio.

Ma se già separarsi fisicamente da una creatura tanto amata è traumatico, immaginate cosa possa significare vederla portata via su un camion per “rifiuti speciali” senza poterla tenere con sé e dargli degna sepoltura.

E qui arriviamo al tema di questo articolo.

Per la legge italiana, e per gli enti a essa subordinati, i santuari rifugio di animali salvati dalla morte sono burocraticamente degli allevamenti, anche se nella realtà tangibile e concreta sono due realtà antitetiche, opposte. Per questo moltissimi di loro hanno ancora vergognosi cartellini attaccati alle loro orecchie, sui quali è presente un numero che li identifica. Se non bastasse già la gravità l’essere ridotti a un codice e a cifre – cosa che, voglio ricordare, è stata riproposta su esseri umani in periodi storici nemmeno così remoti dalla nostra ‘civile’ epoca – in caso di decesso gli animali non possono rimanere nei santuari.
Quando accade che uno degli animali cessa di vivere infatti si attiva un processo che di empatico non ne ha nemmeno il sentore: degli addetti vengono spediti a prelevare parti corporee dell’animale deceduto, dentro buste apposite, per inviarle ad analizzare. Oltre a questo, che di per sé è già un passaggio triste che infrange la sacralità dell’interezza dell’esistenza di questi animali, arriva la parte finale ancora più sconcertante: l’eliminazione totale della sua fisicità.
Su di un mezzo speciale viene infatti caricato il corpo, inviato ad apposite strutture incaricate dello “smaltimento”.

Un modus operandi che si addice di più a un racconto orwelliano, ma che invece è la cruda realtà creata dalla nostra specie in questa specifica epoca.

Vittorio, nella sua corporeità, è stato in un primo momento mutilato, ed infine portato via dall’amore delle sue compagne umane e da quello degli altri animali ospiti del rifugio per essere probabilmente incenerito e gettato via come spazzatura.

È come se la libertà degli animali e il loro diritto a riappropriarsi della loro identità – negata con la forza negli allevamenti – fosse solo una breve parentesi, che si apre con il loro recupero da luoghi di sofferenza e si chiude col ritorno nelle catene dello specismo.

“Materiale di categoria 1 destinato solo all’eliminazione”, campeggia sul mezzo blu che ha portato via per sempre ogni traccia fisica di una creatura che era in vita fino a pochi giorni fa.

Cosa penso di tutto ciò?
Penso che ritenersi un società civile, ma ancora di più una specie evoluta, sia una delle più grandi presunzioni umane. La differenza fra corpi umani e corpi non umani che è stata culturalmente costruita e naturalizzata (vedasi differenziazione fra “cadavere” e “carcassa” dal punto di vista linguistico), e che permea la forma mentis delle persone non ancora consapevoli è sconcertante.

Penso alla sacralità attribuita alle membra delle persone, gelosamente custodite dentro cimiteri dove l’identità viene perpetuata nei decenni e nei secoli, e poi penso alla volgare facilità con la quale si cade in errore morale nell’oggettivizzare l’essenza fisica altrui, trattandola come mera materia.
Solo perché gli animali non sono umani.

Se a una persona venisse riconosciuto un codice identificativo a partire dalla nascita,
se fosse destinata alla morte per essere consumata nelle sue fattezze da terzi,
se venisse riscattata la sua libertà, e se finisse incenerita alla sua scomparsa, non rimanendo nessun tipo di traccia di lei, come lo definiremmo? Nazismo? Crudeltà? Violenza? Barbarie?

Ma se questo accade agli animali, nel 2023 è PROCEDURA.

Una critica aspra che ho il dovere di fare per onestà morale.

I miei occhi non riescono a vedere l’immaginaria scala gerarchica d’importanza fra specie inventata e pretesa come reale e tangibile dal genere di cui faccio parte con estrema sofferenza.
Nella mia mente, ripulita da pensieri antropocentrici sporchi e sgomberata dai preconcetti sulle altre forme di vita, ogni creatura è preziosa e importante.

Credo con fermezza che le caduche leggi umane debbano cambiare una volta per tutte.
Gli animali dei santuari, e non solo, devono avere il diritto di poter riposare per sempre in quei luoghi dove hanno trovato pace, serenità. Per cultura, siamo creature sociali che commemorano e ricordano chi non è più accanto a noi facendo visita a luoghi che ospitano le loro spoglie. Meritiamo di far visita anche agli animali, come a qualsiasi altra persona a cui abbiamo voluto bene.
Inoltre, gli animali sono figli e figlie della terra. Hanno tutto il diritto di ritornare, particella per particella, al grande insieme della natura.

Ma affinché i miei pensieri, condivisi da persone dall’animo sensibile sebbene incomprensibili da chi non parla il linguaggio dell’amore universale, diventino realtà per il genere umano è necessario che chi vive ancora in catene alla subordinazione razionale del sistema faccia uno sforzo per liberarsene.

Gli animali non sono cibo a disposizione umana. Non esistono per noi ma esistono CON noi, assieme a noi, per fare esperienza della loro vita terrena esattamente come chiunque.
Non deteniamo il diritto a disporre dei loro corpi come vogliamo.
Non siamo i loro padroni o le loro padrone.
Non ci appartengono e che non hanno nessun obbligo e dovere nei nostri confronti.

Abbracciate questi concetti, fateli vostri, e sarete finalmente privilegiati di un nuovo modo di vivere e di percepire il mondo che ci ospita assieme alle altre specie. E meriterete di esistere su un pianeta arricchito da così stante forme di vita, le une meravigliose quanto le altre.


Carmen

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