°° Il Messaggio Specista Occulto nel Termine “Frutti di Mare” °°

Gli animali, abitanti del pianeta che ospita anche noi, sono da sempre visti dalla specie umana come esistenze messe al nostro servizio dalla natura. Un’idea infondata, ma che come verità assoluta sta alla base di ogni tipo di sfruttamento. Senza vergogna alcuna le persone sono riuscite a piegare sotto il peso della propria volontà qualsiasi forma di vita, arbitrandone ogni aspetto per egoismo, capriccio, lucro economico.
Delle numerose specie intese come mera materia organica da prelevare dall’ambiente, uccidere, commerciare e dare in pasto ai propri simili troviamo accanto a quelle terrestri anche quelle acquatiche.

Spesso è possibile imbattersi nella dicitura “frutti di mare“, sia su siti internet di ricette che nei menù dei ristoranti.
Il termine viene largamente utilizzato dai parlanti per indicare genericamente un insieme di specie animali marine utilizzate come ingrediente in cucina: molluschi e crostacei, in prevalenza.
In questo articolo desidero dissezionare tale espressione popolare mostrando il vero significato che a mio avviso si cela in essa.



Prima di iniziare con la mia analisi, è doveroso ricordare che con la parola frutto si intende una “parte della pianta, costituita dall’ovario fecondato, che contiene i semi”. I frutti, parlando in modo più concreto, sono quegli elementi che le piante creano affinché i propri semi giungano più lontano possibile dalla pianta madre. Essendo creature intelligenti (l’intelligenza è prerogativa di ogni forma di vita, anche quelle vegetali lo sono), le piante formano i propri frutti rendendoli accattivanti e interessanti nella forma e nell’aspetto, e sia nel colore che nel sapore. Queste caratteristiche fanno sì che gli animali – fra i quali l’essere umano – mangino direttamente dalla pianta (come accade agli uccelli, per esempio) o stacchino da essa i frutti. I semi contenuti nei frutti, una volta ingeriti, rimangono integri e finiscono nelle feci. E’ grazie alla loro presenza negli escrementi animali che ciascun seme può dare vita a una nuova pianta.
Questo processo riproduttivo viene definito Zoocoria, ed è descritto in modo più approfondito in questo pdf.

I frutti quindi sono alimenti messi lì a disposizione dalle piante in modo volontario. L’animale trae nutrimento dagli elementi organici dai quali è costituito ogni singolo frutto, mentre la pianta trae vantaggio per la sua riproduzione con i semi che arrivano lontano. Un equilibrio perfetto, risultato di un ecosistema che sembra esser disegnato da una mente geniale.

Arriviamo quindi al dunque.

Perché è scorretto definire gli animali marini “frutti di mare”?
Chiamare “frutti di mare” molluschi e crostacei significa mettere in atto un processo psicologico mentale volto a far intendere come inanimati esseri viventi che invece sono animati e dotati di volontà. Il distacco empatico dalle altre specie è una costruzione sociale e culturale che si protrae da secoli. L’iniziazione parte dalle menti più giovani e la volontà di creare distacco emotivo prende vita attraverso svariati mezzi, anche quello linguistico. Non a caso si tende ad attribuire termini che si distaccano dalla realtà oggettiva. Il menù di un ristorante apparirebbe ai nostri occhi decisamente diverso se leggessimo tra i secondi piatti una portata a base di “abitanti del mare”. Il mare viene così confuso come un luogo dove poter prelevare “alimenti” che sarebbero messi a disposizione per l’umanità dalla natura. A differenza delle piante però, gli animali non sono il frutto del mare. Dei mari sono appunto abitanti, sono ospiti, sono “popolo”. Quando le persone con la violenza e l’inganno sottraggono questi animali al loro habitat non prendono parte a una catena di causa-effetto positiva volta al generare nuova vita. Si genera solo morte. Le creature ingerite, digerite e successivamente defecate, non attivano nessuna nuova forma di vita al contatto col suolo.

Il mare non è un albero o una pianta. Il mare non plasma alimenti per diffondere i propri semi e riprodursi.
Gli animali non sono frutti, ma sono esseri senzienti, intelligenti, che meritano di esistere e di essere lasciati liberi di vivere la propria vita. Non importa se la scienza abbia decretato o meno la loro capacità di provare dolore e sofferenza. La maggior parte di loro viene uccisa bollita viva in acqua. Una fine terribile che nessuno dovrebbe subire ma che viene imposta come se lo meritassero.
Quale colpa hanno? Forse solo quella di esistere su un pianeta dove una specie sola tormenta tutte le altre.

Il mio invito, come sempre, è quello di riflettere e di andare oltre ai concetti precostruiti, alla cattiveria resa banale “normalità”. La nostra specie ha bisogno di abbracciare un cambiamento radicale dove il rispetto per la vita ne fa da solido pilastro. Stiamo affrontando un periodo storico che forse non avremmo nemmeno vissuto negli incubi o visto in film distopici, se non avessimo reso un terribile tormento l’esistenza a miliardi di creature.

Nonostante tutto, continuo a confidare nel potere delle persone di cambiare e di migliorare le sorti del nostro genere di appartenenza. Perché gli animali meritano serenità e noi meritiamo una seconda opportunità di buona condotta.


Carmen Luciano


In commercio esistono varianti vegetali anche al pesce, che richiamano determinati sapori ma senza causare sofferenza agli animali, come per esempio questo “caviale” vegan realizzato con alghe marine.

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Pubblicato il 20 luglio 2021, in Cultura con tag , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.

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