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°°Cani Guida: Assoggettamento Animale e Antropocentrismo°°
Cale lettrici e cari lettori,
in questo articolo voglio affrontare e problematizzare dal punto di vista etico e morale una delle infinite sfaccettature dello specismo umano: l’utilizzo dei cani guida, estensione vivente per umani che non possono vedere.

Alla vigilia della pubblicazione di questo articolo ho chiesto alle persone che seguono la mia pagina Facebook Think Green • Live Vegan • Love Animals cosa ne pensassero, pubblicando un apposito post. Sono giunte oltre 440 risposte in meno di 24 ore, fra le quali alcune dal contenuto molto interessante che vanno ad avvalorare la mia tesi: non è moralmente etico trattare gli animali come mezzi, qualsiasi sia lo scopo o la finalità.
Maria scrive:
“Assolutamente contraria. In 54 anni di vita raramente ho visto un cane guida trattato dignitosamente”.
Lucia esprime:
“E’ un’addestramento crudele. I miei qui in America, hanno adottato una canina che non aveva superato le prove per diventare cane da vista. Era sempre in ansia, triste, e non sapeva imparare a giocare, grazie a un’addestramento intenso che le ha rubato la gioia di essere. E io dico son contraria anche essendo una Special Ed teacher. No animal should go through any kind of training to serve humans.” (nessun animale deve essere sottoposto ad alcun tipo di addestramento per servire gli umani).
Valentina dice:
“I cani guida non fanno una vita da cane. Raramente giocano, corrono, si sfogano. Io ho conosciuto cani guida davvero tristi. Li addestrano fin da cuccioli ad essere al servizio dell’ uomo e loro lo fanno, ma questo non significa che siano felici”.
Carla racconta:
“Mia madre è non vedente e mai avuto il cane guida. Conosco molti non vedenti che non costringono un’ altra creatura a condividere la loro invalidità. Invece incontro spesso nel mio quartiere un non vedente con cane guida. Povera creatura una tristezza infinita. Non può annusare come e dove vuole. Non può socializzare con i suoi simili. È un cane schiavo. Quando lo incontro con la mia bimba pelosa, si ferma subito e ci lascia passare guardando dritto avanti a se senza fare una mossa. Una vita di privazioni”.
Elisa scrive:
“Non sono d’accordo, come non lo sono usare i cani nella protezione civile ecc, loro non possono scegliere liberamente se vogliono fare questo o meno, in realtà siamo noi che in qualche modo li “obblighiamo””.
Rossella racconta:
“Lavoro in un Istituto per Ciechi e ipovedenti. Ne ho visti pochi pazienti con il cane, ma ricordo, erano i primi mesi di lavoro, una signora che umilia a e picchiava in cane guida. Un labrador nero di una bontà infinita. Testa bassa, occhio triste e giù botte e urla.
Ripeto, erano i primi tempi e non sapevo bene come comportarmi. Succedesse ora, intanto intervengo e poi farei subito una segnalazione per maltrattamenti. Povere gioie, a me fanno tanta pena. Non sono assolutamente favorevole. Non fanno una bella vita, sempre stressati dal fatto di dovere avere la responsabilità della vita della persona”.
Nadia spiega:
“Non è giusto anche perché invecchiando e perdendo le loro capacità e forze vengono sostituiti con uno giovane. Tipo automobile per capirci. Visto più volte personalmente cani anziani sbattuti in anonime pensioni dentro a una gabbia”.
Grazia interviene:
“Assolutamente NO. Mia mamma (peraltro animalista ante litteram) , quando purtroppo perse la vista, si rifiutò CATEGORICAMENTE di avere un cane guida perché, alla fine, sarebbe stata una tortura per l’animale. Questo, secondo me, vale per tutti i cani addestrati ad agire al posto dell’uomo, perché, gira che ti rigira, sempre di sfruttamento si tratta.”
Chiara esterna:
“A me non piace affatto che vengano dati in affido a famiglie per un anno e poi gli cambiano casa, oltre a tutto l’iter di addestramento che sicuramente comporterà uno stress per il cane. È triste anche “il fine carriera”, tipo i cani poliziotto che quando “non servono più” vengono relegati in delle specie di canili, solo raramente vengono adottati dal poliziotto che hanno accompagnato nel lavoro. È proprio triste, si pensa sempre a come sfruttare gli animali”.
Laura scrive:
“Contraria all’utilizzo degli animali per qualsiasi cosa”.
Barbara dice:
“Tutto ciò che è pet therapy o comunque al servizio dell’uomo è ovviamente non naturale. Il cane è un animale sottomesso”.
Roberta spiega:
“Per me no, fatti nascere per questo, addestrati, in casa con l’assistito e quando sono vecchi, buttati come stracci, perché non servono più. Cambiano casa molto spesso, non possono passeggiare annusando, come dei robot, persino i bisogni devono farli “a comando”. Ma che vita è? Nessun cane dovrebbe essere impiegato in alcuna attività dell’uomo se non in quella ricreativa!”.
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Dopo aver condiviso con voi alcuni interventi pubblici contrari all’utilizzo dei cani guida, del tutto in linea con il mio pensiero e i miei ideali, andiamo adesso a rispondere a tutti quelli che sono a favore di addestramenti, assoggettamento e “lavoro” animale.
• I cani guida sono trattati bene → che siano trattati bene o maltrattati, vengono “trattati” poiché utilizzati per scopi umani.
• Si instaura una simbiosi con il padrone → il concetto di proprietà animale dovrebbe essere demolito. Al mondo non devono esistere padroni, e nemmeno servi. Quella che viene definita simbiosi altro non è che accettazione passiva dell’animale della condizione in cui riversa a seguito dell’addestramento.
• I cani vengono coccolati → altro aspetto che va a edulcorare ciò che è mera subordinazione imposta
• Ci sono razze predisposte → le razze sono di invenzione umana, innaturali, e finalizzate all’ottenimento di benefici da chi viene fatto nascere con determinate caratteristiche fisiche e comportamentali.
• I cani lo fanno volentieri → i cani assumono la classica accettazione anche definita “mentalità dello schiavo”. Sempre bene non confondere l’obbedienza con la spontanea volontà.
• Non ci sono ancora alternative ai cani guida → probabilmente l’esistenza di questo servizio di schiavitù animale ha rallentato, con la sua presenza, la ricerca seria di strategie compensative per aiutare le persone che non possono più vedere. Ad ogni modo, ciò non giustifica l’impiego degli animali costretti a servire il genere umano.
• Allora nemmeno i cani antidroga o quelli usati in caso di calamità devono essere usati → esattamente. Non esiste uso degli animali che sia etico o morale.
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Si pecca di antropocentrismo – l’atteggiamento prevaricatorio verso le altre specie per mettere al centro quella umana – quando si pensa ai bisogni umani e nient’altro che a quelli, immolando, in nome di questi, le altrui libertà.
La perdita della vista è una possibile condizione umana che comporta il doversi riadattare al proprio mondo interiore e a quello materiale esteriore con nuove strategie (come il potenziamento del tatto). La cecità è una condizione molto delicata che merita tutto il sostegno da parte della società, ma nella sua comparsa o presenza, per etica e morale, non può e non dovrebbe in alcun modo andare a influire significativamente e in modo alienante sugli animali.
Ho fatto una breve ricerca online sui cani guida: si parla di razze, di addestramento, di vendita, di servizi.. quanto di più innaturale e di lontano dall’etica vi sia!
I cani, sin da piccoli, vengono fatti nascere in appositi allevamenti, crescono sottoposti ad allenamenti intensi che andranno a plasmare il loro carattere, il loro temperamento e il loro modus vivendi rendendoli degli efficienti strumenti nelle mani di persone che hanno bisogno di loro.
Strumenti utilizzati al comando, costretti all’obbedienza, assoggettati alle volontà di un “padrone” o di una “padrona”, sostituiti in caso di bisogno, obbligati alla pazienza e a una vita al servizio di qualcuno.
Esattamente come non sarebbe giusto far nascere degli esseri umani dentro allevamenti, per poi venderli a degli animali che ne possono trarre giovamento dal loro servizio, così non è giusto a mio avviso proiettare sugli animali i nostri bisogni umani e pretendere da loro che li soddisfino.
Chi pensa solo ed esclusivamente alle persone non vedenti, dando priorità alla loro necessità di muoversi nelle città accompagnati da un cane, perde di vista una realtà che dovrebbe essere sempre tenuta di conto per prima: gli animali sono sulla Terra non per noi, non per servirci.
È giusto aiutare chi non ha più la possibilità di vedere, o che purtroppo non l’ha mai avuta, ma non è affatto giusto condannare a una vita di obbedienza delle creature che nascono su questo pianeta, perché esse non ci appartengono.
Lo ripeto e probabilmente lo ripeterò fino all’ultimo dei miei giorni: gli animali non sono nostri schiavi.
E che non si parli di simbiosi, che non si parli di obbedienza “al padrone”, che non si parli di amore e altri concetti che vanno a edulcorare ciò che questo servizio realmente è: assoggettamento, obbedienza, servizio all’essere umano.
Come non esistono più servi di pelle scura tenuti al comando da nuovi nobili dalla pelle chiara pronti a correre per ogni bisogno, come non si pretende più nell’America del Sud che la figlia minore di una famiglia rimanga con la madre alle sue dipendenze per tutta la vita, così non deve più accadere che gli animali vengano fatti nascere e addestrati per fungere da mezzo od estensione vivente per degli esseri umani.
Se in queste parole di giustizia, uguaglianza fra specie e libertà vedete un affronto al genere umano, evidentemente l’antropocentrismo è ben radicato in voi. L’invito rimane sempre quello: profonda, attenta analisi introspettiva e sull’atteggiamento prevaricatorio della nostra specie sulle altre.
Spero che presto, e senza l’utilizzo di animali, si giunga a trovare supporto a chi non può più vedere senza gravare sulla vita di altre creature presenti sul pianeta.
Aggiornamento:
a poche ore dalla pubblicazione di questo articolo, mi è giunto un commento sulla mio profilo instagram e un messaggio carico d’odio da parte di un tale S.C.
Purtroppo, in individui maleducati e dalla scarsa empatia (notare la foto del profilo, con un pesce strappato dall’acqua) accade questo: quando si vanno a toccare argomenti che tolgono stabilità all’antropocentrismo si assiste a sfoghi di odio farciti di cattiveria e dall’immancabile misoginia.
A differenza di S. C., non auguro la cecità a nessuno, nemmeno a dei poveri bimbi che non c’entrano niente.
Se dovessi diventarne affetta io, non utilizzerei mai un animale come compensazione della vista. Credo fermamente nella possibilità di aiutare le persone senza gravare sulle altre specie, e nello scambio di idee costruttivo.


°°Zoo, Circhi e Acquari: Prigione per Animali e Umani°°
Quando una famiglia decide di pagare un biglietto d’ingresso per entrare in uno zoo, in un circo che si avvale dell’uso degli animali per intrattenere il pubblico o in un acquario/delfinario ci troviamo davanti due tipi di prigionie:
quella animale, ovviamente, evidente e chiara, e quella umana, celata dietro false scelte “personali”.
Se le altre specie vengono confinate in gabbie, recinti, teche, vasche e spazi non naturali per mero lucro, le persone umane dal canto loro vengono ingabbiate mentalmente da stereotipi costruiti ad hoc dalla società, dalla cultura e dal sistema che ci inizia a ciò per volontà ben precise.
L’imposizione sugli altri, come qualsiasi altra azione, la si impara, e la si trasmette di generazione in generazione e nel tempo. Col tempo essa viene data per “normale”, come qualsiasi altra abitudine che conforma le masse.
Subordinazione animale al genere umano = normalità
Chi paga il biglietto per vedere il triste spettacolo della reclusione ai danni di qualcuno mette in atto un comportamento dettato da emulazione sociale e viene meno all’uso di raziocinio ed empatia.
Quando si accetta che un individuo, qualsiasi sia la sua specie di appartenenza, venga prelevato dalla natura per finire in uno spazio confinato dove non avrà la possibilità di godere appieno del mondo e dell’ambiente che lo compone, sprigioniamo il peggior atteggiamento di cui siamo capaci: l’egoismo antropocentrico.
L’antropocentrismo mette al centro di tutto la specie umana, e tutte le altre intorno. L’essere umano visto come un re con i suoi sudditi, le altre specie, la cui vita deve svolgersi in funzione delle proprie volontà.
Qualsiasi esse siano.
Gli umani infatti grazie all’antropocentrismo fortemente radicato, pensano di appartenere alla specie che primeggia per importanza. Pensano di poter disporre della vita, della libertà, dei sentimenti e del corpo altrui a proprio piacimento. Pensano addirittura di poter usare chiunque nasce al mondo (per ben altre finalità) per generare introito economico.
I soldi, pezzi di carta e cotone (o materiale plastico, dipende da nazione a nazione) ai quali per decisione sociale viene attribuito un valore, per alcuni umani valgono più della vita stessa.
<<Cosa c’è di male? Gli animali vengono puliti, alimentati, mantenuti>> chiedono taluni, dimenticandosi, rimuovendo completamente dalla propria coscienza che in fin dei conti mai nessun animale recluso ha mai chiesto questi “servigi”, queste “attenzioni” con le quali viene onorato.
Attenzioni che, se venissero riservate agli umani, si configurerebbero come arresto. Perché quando si è confinati dentro il solito spazio senza poter uscire è come essere agli arresti domiciliari. E solo provando questa sensazione incresciosa si può capire che alla fin fine avere qualcuno che pulisce i tuoi escrementi e ti da del cibo non è il massimo della vita, e che l’esistenza, quella vera, è fatta di esperienze e di libertà.
Dare per scontato che all’animale vada bene, perché ciò che conta per noi è che obbedisca a cosa abbiamo in serbo per lui, è una delle conseguenze dell’antropocentrismo sfrenato.
Se fossimo davvero la specie più intelligente come immotivatamente adoriamo definirci, useremmo il nostro inarrivabile intelletto per comprendere concetti basilari, semplici: un leone non deve stare dentro una gabbia. Un orso polare non deve farsi il bagno in una piscina. Un delfino non deve nuotare dentro una vasca.
Quando introduciamo un animale (pretendendo che frutti soldi) dentro uno spazio artificiale che non sostituirà assolutamente mai il suo habitat naturale facciamo un danno a noi, arrivando a gesti di tale bassezza morale, e facciamo un torto alla natura che ci permette di esistere.

I leoni, le tigri e i grandi felini sono carnivori predatori che nell’ecosistema hanno la funzione di tenere sotto controllo il numero di grandi erbivori. Se ci fossero solo erbivori, la vegetazione scomparirebbe. Se ci fossero troppi carnivori, gli erbivori si estinguerebbero. Ecco perché l’importanza dell’equilibrio. Un equilibrio dettato dalla natura, dall’istinto degli animali. Che noi non dovremmo alterare.
Quando mettiamo uno di questi grandi felini sotto un tendone di un circo lo priviamo della sua funzione naturale per attribuirgliene un’altra, del tutto superflua e inutile, se non dannosa, alla natura stessa.
I pesci, che in natura avrebbero mari aperti dove poter nuotare, quando sono costretti a stare dentro vasche o teche perdono la propria funzione.
Essi non esistono al mondo per abbellire, decorare spazi chiusi o per udire colpi di indice contro il vetro di bambini e giovani accompagnati da adulti in pomeriggi fatti di ricerca d’evasione dalla noia.
Quando una persona paga per assistere alla prigionia animale, deve essere consapevole che la sua esperienza dura poche ore, per poi lasciare spazio al ritorno a casa e alla possibilità di fare altre esperienze.
Un animale costretto a stare dentro uno spazio innaturale chiuso come unica esperienza ha l’obbedienza. Nient’altro.
Come ripeto da anni, nessuna specie al mondo si avvale del diritto di schiavizzare il genere umano. Se un bel dì essi decidessero di riservarci gli stessi tremendi trattamenti che noi riserviamo loro da millenni, non avremmo più così paura della morte. Desidereremmo piuttosto non esistere, perché una vita vuota fatta di violenza, di solitudine, di privazioni equivale a morire ogni giorno.
Se dentro di voi è rimasto un minimo frammento di coscienza, mandata in frantumi violentemente dalla cultura specista umana, conservatelo come un bene prezioso.
Riflettete su ogni vostra scelta e realizzate l’idea che la collettività è data dalle singole scelte degli individui. Se questo mondo in cui viviamo è troppo stretto per gli animali, la colpa è anche nostra.
Ridimensioniamo il nostro ego. Scendiamo dal trono dove ci siamo voluti arrampicare per illuderci di essere più importanti. Gettiamo via scettri e fruste e collochiamoci al pari delle altre specie, perché è quello il nostro posto: accanto a loro, non sopra di loro.
Carmen
°°[Pisa] Cornacchia Morta Intrappolata nei Dissuasori per Uccelli°°
Passeggiando lungo Borgo Largo a Pisa si può assistere ad una scena molto spiacevole.
Sopra l’insegna del negozio “Francesco Rossi”, a pochi passi da bar e locali frequentati, è rimasto il corpo privo di vita di un volatile, probabilmente una cornacchia.


L’animale, ovviamente immobile, riporta sul piumaggio un numero elevato di feci. Il che lascia supporre che sia lì ormai da molto tempo.
Non si sa come sia finito sopra i dissuasori (gli spilli) e sotto le reti di allontamento. Sta di fatto che tale spettacolo è davvero triste.
È forse il caso di domandarsi se i dissuasori per quegli uccelli oggigiorno abituati a vivere in città e tanto detestati siano poi così utili, o se la loro presenza non sia addirittura controproducente.
Finalizzati a tener lontane le specie sgradite, spesso e volentieri diventano trappole mortali dove i corpi rimangono in stato di decomposizione per un tempo indeterminato.
Gli animali non sanno dove poter stare, e nonostante gli spilli possano ferire e far male a zampe e corpo, cercano comunque di costruirsi un giaciglio dove riposare.
Un forte senso di sopravvivenza e spirito di adattamento lo si nota poi dal “vicino di dissuasore” della cornacchia morta, che vedete in foto.
Questo adorabile piccione per evitare di farsi del male ha creato una sorta di cuscinetto, fatto con foglie e piume raccolte.

È terribile anche il solo pensare che la nostra specie si senta così unica, importante e superiore da arrivare a ritenere altre forme di vita un qualcosa di ripugnante, sporco e da tenere a debita distanza.
Spesso dimentichiamo che se gli uccelli arrivano a fare il nido sotto i tetti e sulle travi delle nostre abitazioni è perché noi, senza chiedere niente a nessuno, abbattiamo gli alberi, la loro casa.
Senso di immedesimazione sembra non esistere. Ancor meno la pietà. Figuriamoci il rispetto.
L’essere umano ad oggi risulta ancora esser l’inquilino più invadente e maleducato del mondo.













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