°° In risposta a PAOLO B., a favore della sperimentazione animale °°

Mi è giunta ieri sera questa mail da parte di un lettore , Paolo B. sdegnato per il mio articolo/intervista ad Alessandra sulle cure e sul tumore. A piè messaggio ha esternato la perplessità di una mia risposta.
Beh, eccola.
Ma prima di rispondere, leggiamo quanto mi è stato scritto.

Ciao,
volevo manifestare il mio sdegno in merito all’articolo-intervista che hai pubblicato.
Credo di non parlare senza cognizione di causa, in quanto orfano di padre da ormai più di dieci anni e studente di medicina.
Alessandra si è salvata grazie alla sperimentazione sugli animali, i farmaci che chiama/chiamate “veleni” sono stata l’unica cosa a tenerla, seppur faticosamente, in vita.
L’alimentazione non c’entra probabilmente nulla col suo tumore, tantomeno col decorso della sua malattia.
Insomma…la signora è salva grazie SOLO ED ESCLUSIVAMENTE alla ricerca biomedica, alle “case farmaceutiche” tanto odiate, alla sperimentazione sugli animali, ai medici e agli infermieri che l’hanno seguita, e cosa fa? Sputa nel piatto dove ha mangiato? Su chi le ha salvato la vita?

Come potete, voi animalisti/antispecisti, da anteporre il benessere di qualche topo e pochi cani (comunque trattati al meglio, non certo vivisezionati, ma anzi forse trattati meglio di come sono “accuditi”, per esempio, nel canile della Brambilla) all’esigenza di trovare cure per queste orribili malattie, che indiscriminatamente possono colpire chiunque, anche voi? 

Io davvero mi aspetto delle risposte, anche se dubito fortemente arriveranno

Cordiali saluti”

—————————————-

Ed eccoci qua che per la prima volta scrivo sul mio blog quello che ho passato io, che in maniera indiretta ho vissuto la tragedia di questa malattia vedendo mio nonno ammalarsene fino a morirne nell’agosto 2012.
Non ho mai voluto intraprendere questo discorso in pubblico sul mio sito, al massimo ho sempre ribadito i concetti e i miei pensieri sulla mia pagina facebook dove ogni tanto qualche sfogo parte eccome.
Quelli che noi chiamiamo veleni e che tu metti tra virgolette, caro Paolo studente di medicina,  altro non sono che veleni.
Ribadisco per la millesima volta la traduzione greca del sostantivo “farmaco” che per l’appunto significa veleno.
So che magari è interessante ripercorrere insieme la nascita di tale vocabolo per chi sicuramente non ne è a conoscenza ( data l’insistenza) ma farei le 5 del mattino a scrivere sulla tastiera, quindi evito.
Se tu sei orfano di padre, e me ne dispiaccio, sappi che non sei l’unico.
Come hai potuto leggere nell’incipit della mia risposta, io ho perso mio nonno un anno e mezzo fa.
Inizialmente gli erano stati diagnosticati dei noduli alle corde vocali.
Poi, si scoprì che erano dei tumori.
Col passare del tempo e con le chemio alle quali si è sottoposto, mio nonno ha perso la voce.
Ci credi che non ricordo nemmeno più il suo timbro vocale?
Gli ultimi 4 anni della sua vita li ha passati parlando in maniera rauca.
I medici, tuoi futuri colleghi dunque, gli avevano promesso che la voce sarebbe tornata eccome.
Ma così non è stato.
Già il dare false speranze a chi sta male è condannabile eticamente.
Ma andiamo avanti.
Sembrava che il tumore fosse stato debellato dalle corde vocali.
Apparentemente era così.
Ma come ha ben detto Alessandra, la ragazza che ho intervistato, i trattamenti devastanti a cui sono sottoposti i pazienti anche se apparentemente curano il tumore iniziale, sono spesso causa dell’insorgere di altri tumori.
E così è stato per mio nonno.
Dopo qualche tempo infatti hanno trovato cellule tumorali nel fegato.
Anche li, bombardamento di chemio uno dietro l’altro.
Mio nonno che non ha mai sopportato neanche l’idea di farsi fare una puntura con la siringa, è stato letteralmente ribaltato come un calzino.
Sembrava che tutti sapessero come curarlo e cosa fare.
“Prova questo”, “prova quest’altro”, “prova pure quest’altro ancora”.
Alla fine, dopo che avevano cantato vittoria per avergli spazzato via le cellule infette, hanno avuto l’illuminazione celestiale di guardare dall’altra parte del fegato.
Come la luna: l’altra metà era nera.
Completamente satura di cellule tumorali.
In poco tempo anche la parte che loro ritenevano ormai guarita si è infettata.
Il tumore in poco tempo ha preso il sopravvento su tutto il fegato raggiungendo il sangue in circolo in tutte le vene.
Nei mesi in cui il tumore progrediva e iniziava a devastare ogni cellula che trovava davanti a sé, più volte mi sono chiesta se fosse stato il caso di alimentare mio nonno in maniera più sana, equilibrata, naturale.
Non con i classici maccheroni al pomodoro, parmigiana e braciola di carne.
Mi è stato risposto inizialmente che non vi erano problemi.
Poi, 4 mesi dopo, ecco che i problemi arrivano: nonno non assimilava più gli alimenti e necessitava di integratori di vitamine e quant’altro.
A testimoniare il fatto che forse un po di ragione l’avevo eccome a preoccuparmi della sua alimentazione.
Pertanto, se reputi l’alimentazione poco importante, ti sbagli.
E’ grazie a quella che ci sostentiamo, ed è stata probabilmente grazie a quella poco adatta che mio nonno ha iniziato a perdere peso vertiginosamente, fino a diventare una mummia irriconoscibile.
Dopo solo un mese gli sono stati dati pochi giorni di vita.
Mio nonno è vissuto fino al 19 Agosto sera.
Nelle ultime settimane non mangiava più, non riusciva più a salire le scale, a muoversi.
Gli ultimi 3 giorni della sua esistenza li ha passati con un laccio al polso e con un ago in vena che lo alimentava previa alimento endovenoso.
E sai ( per la millesima volta) cosa contiene quella sacca di alimento bianco che danno ai malati terminali?
Sostanze vegetali.
Olii e soprattutto SOIA. Che sta alla base dell’alimentazione vegan.

Mio nonno è morto. E come lui migliaia di persone ogni anno solo in Italia.
Cosa ha risolto nel suo caso la sperimentazione animale?
Cosa ha risolto per tuo padre la sperimentazione animale?
Assolutamente nulla.
Entrambi ci troviamo a non sapere come riempire un vuoto che mai verrà colmato.
Entrambi i nostri familiari sono stati sia pazienti che tester umani, alla fine.
Perchè sono convinta che è impossibile trovare una cura per una malattia per una specie B se si testa la patologia e la cura su una specie A.
Addirittura tra umani abbiamo reazioni diverse!
Se Alessandra si è salvata molto probabilmente è stato grazie alla forza del suo fisico, capace di resistere a cure durissime.
E non è da escludersi il fatto che l’alimentazione vegan abbia giovato tale resistenza.
Non vi sono ancora prove certe perchè i campioni di persone in esame sono ancora pochi, ma in futuro parleranno i fatti.

Ma ritornando al discorso vivisezione.
Con che coraggio dici che gli animali su cui sperimentano ( che non sono qualche topo o qualche cane, ma MILIONI DI ANIMALI) vengono tutelati nel loro benessere?
Che concezione hai tu, caro Paolo, della parola benessere?
Non ho mai sentito di SPA che regalano momenti di relax ai clienti aprendoli a metà, sai.
Non lo so in che mondo vivi, ma ti assicuro che questo è un tantino diverso da come te lo immagini.
Io che ho seguito la questione GREEN HILL da vicino ti posso garantire che gli animali non sono trattati bene.
Sono oggetti. A nessuno importa del loro benessere.
Proprio a nessuno.
Come a nessuno importa del benessere di tutti gli altri animali vittime della sperimentazione.
Poi, se c’è una cosa che urta veramente tanto, è questa famosa frase che tutti fate uscire dalle vostre bocche, cioè che noi animalisti anteponiamo la vita dei topi a quella delle persone.
Ma chi te lo ha mai detto?
Ma da quando in qua una cosa escluderebbe l’altra?
Io rispetto sia la vita di un topo che quella di un uomo.
Rispetto la VITA, quel qualcosa di invisibile agli occhi che fa animare i corpi e che una volta che sparisce nessuno è in grado di regalarla di nuovo al corpo che rimane inerme.
Ma in che modo la mia empatia e il mio rispetto a pari merito per tutte le specie lede alla tua persona?
Dovresti aver timore di chi, egoista e antropocentrico, passerebbe sul tuo cadavere pur di salvare la propria pelle.
Non di me che invece vorrei tutti felici e contenti.
Vorrei tutti liberi di poter vivere la propria esistenza senza il timore di morire prima del tempo previsto.
Ma chi siamo noi per decidere cosa non una vita ma MILIONI DI VITE devono fare al mondo?
Chi siamo noi per ostacolare l’esistenza degli altri per imporgli la morte?
Non è trucidando animali che salveremo le persone.
Sono già stati uccisi abbastanza topi e tuo padre come del resto mio nonno sono morti comunque.
E chissà se si sono tutti ritrovati in un aldilà, animali sperimentati e vittime del tumore, a parlare di come magari perdiamo il tempo noi frivoli umani mentre il tempo scorre e la malattia miete vittime.

Ribadisco fermamente il mio concetto di base: la sperimentazione su chi può provare dolore e soffre nel provare dolore NON DEVE ESSERE NEMMENO PENSATA!
Iniziamo ad investire tempo, energie e fondi per cure valide che non comportino la sofferenza di nessuno.
Mi appello anche a te, che sai cosa significa perdere chi si ama.
Cerca di comprendere che “noi animalisti” non stiamo interferendo con nessuna giusta ricerca ma stiamo portando alla luce i crimini che la Sperimentazione Animale nasconde.

Fino a quando continueranno a morire topi, cani, gatti, ratti, cavie, conigli, scimmie in laboratorio anche la nostra stessa salute sarà in pericolo.

Mi auguro di averti fatto intendere chiaramente il mio concetto
e di averti anche stupito nel vedere una risposta che non ti aspettavi, malfidato! 🙂

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Informazioni su Carmen Luciano

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Pubblicato il 14 gennaio 2014, in Contro la sperimentazione animale con tag , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.

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