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Intolleranti ai Derivati Animali OK, Vegan KO: Analisi Sociale e Riflessioni
Care lettrici e cari lettori,
l’articolo che pubblico oggi è incentrato su una riflessione che merita di essere condivisa con voi, riguardante la differenza nell’atteggiamento sociale destinato a chi non consuma animali o loro derivati per ragioni salutistiche (intolleranza e allergie) o religiose e a chi invece non ne consuma per ragioni morali.

Qualche giorno fa il mio compagno ed io abbiamo fatto un pranzo veloce fuori casa fermandoci a prendere del cibo al reparto panetteria di un punto vendita di una nota catena di supermercati. Consapevoli che in alcuni prodotti da forno vengono utilizzati ingredienti di origine animale, tipo lo strutto (grasso suino, principalmente) ci siamo assicurati che le nostre scelte fossero 100% vegetali con olio d’oliva e senza latte/formaggi/mozzarella.
“Per caso contiene latte o strutto questa focaccina con i pomodori?” ho chiesto alla dipendente che era dietro al bancone in attesa delle nostre scelte.
“No, è all’olio di oliva e non contiene latte” mi ha risposto, mentre ne inseriva nel sacchetto due per pesare il tutto sulla bilancia. Chiuso il sacchetto, ce lo ha consegnato per confezionare della cecina (torta di ceci). Mentre attendevamo quella, ho letto – come faccio sempre – gli ingredienti riportati sulla fascia di carta adesiva per sincerarmi che fosse tutto ok.
Sorpresa!
Nelle focaccine al pomodoro c’era il burro.
Facciamo presente alla dipendente che purtroppo gli alimenti che ci ha confezionato contengono latte, e le diciamo se gentilmente può rimetterli a posto, avendo guanti e possibilità di farlo nella più totale igiene. “Mi avete chiesto se contenevano latte e infatti il latte non c’è, c’è il burro” ci risponde, come se il latte fosse latte e il burro fosse burro.
Le faccio presente che il burro è un derivato del latte, e che non lo consumiamo.
Ci orientiamo verso altro tipo di schiacciate per completare il nostro pranzo da asporto quando la dipendente esordisce con un sorriso rassicurante, dicendo “vi suggerisco di prendere gli alimenti nel reparto senza lattosio se siete intolleranti al latte“. Probabilmente pensava che fossimo due persone che, poverine per loro, per ragioni di salute non potevano consumare derivati animali. La sorpresa per lei è arrivata quando il nostro responso non ha combaciato con le sue aspettative: “la ringraziamo, ma non siamo intolleranti al lattosio, semplicemente non consumiamo derivati animali per ragioni etiche e morali“.
Dopo questa informazione giunta da parte nostra, la dipendente ha cambiato espressione.
Lo sguardo, prima rassicurante e benevolo, si è fatto serio e la maschera di gentilezza ha lasciato il posto a una nuova, più austera: non eravamo persone a cui la natura ha imposto di ‘privarci’ di determinati alimenti, eravamo persone che volontariamente avevano deciso di ‘privarsi’ di quei determinati alimenti, pertanto ‘artefici del nostro stesso male’.
Avete mai notato come cambia l’atteggiamento nei confronti di chi non consuma derivati animali o animali se la ragione di fondo è legata a scelte volontarie e non esterne ed arbitrarie?
Una persona che per motivi religiosi non consuma il corpo di un determinato animale, viene compresa subito e rispettata: è la religione che ha scelto per lei, pertanto merita rispetto. Se il rispetto viene meno, si grida al razzismo, alla xenofobia e all’intolleranza religiosa punita dalla legge.
Se una persona, non per motivi religiosi ma per libera volontà personale, decide di non mangiare NESSUN ANIMALE, quel rispetto viene meno e subentrano astio, incomprensione, ostilità e spesso anche derisione.
Perché accade questo?
Provo a dare una risposta.
Credo che, in una società basata su modus vivendi, scelte e stili di vita dettati dall’alto che cadono addosso per effetto domino ai subalterni (noi, comuni cittadine e cittadini), si tenda a tollerare e ad accettare una determinata caratteristica quando questa è scaturita da decisioni esterne subite passivamente, come può essere la religione. Per abitudine e indottrinamento, alle masse non turbano i tratti salienti se la salienza è determinata da scelte non prese direttamente dall’individuo ma da realtà esterne.
In poche parole, quando si è cittadini e cittadine obbedienti a qualcosa (politica, religione, regole, tradizioni), va bene. Quando invece le decisioni vengono prese per ragioni, motivi, sentimenti interni, scatta l’astio che solo la libertà riesce a generare in coloro che a livello inconscio sanno di non averla.
Nella nostra società, chi decide di voler prendere le distanze dalla ‘normalità’ – una normalità socialmente costruita e naturalizzata come vera – è incompreso, e per taluni merita finanche derisione, ghettizzazione e scherno, per il fatto che ha deciso in autonomia di non sottostare a decisioni che ricadono su tutte le persone. Ne ho prova quotidianamente sulla mia pagina Facebook, dove ogni giorno raccolgo commenti denigratori verso chi, come me, per scelta non finanzia la violenza ai danni degli animali.
Tutto dunque ruota attorno all’obbedienza: chi non obbedisce a regole sociali, alle convenzioni e alla normativa, è un elemento problematico che non si allinea, non si omologa e che quindi deve essere represso.
Perché questa insofferenza verso chi decide, autonomamente, di non sottostare a regole violente, come quella del consumare corpi animali?
La risposta potrebbe essere più semplice ed evidente di quanto non sembri: chi non ha il coraggio di ribellarsi alle ingiustizie, teme chi riesce a farlo. Teme, invidia, odia l’altro, diverso da sé, per le caratteristiche l’altro ha e che non riesce a raggiungere.
Disallinearsi, alienarsi dalla violenza, rifiutarsi di sostenere ingiustizie sono atti di quotidiana rivoluzione possibili solo a persone consapevoli, forti e determinate.
Coraggio, forza, determinazione, disinteresse verso il giudizio esterno e senso di giustizia purtroppo non sono qualità per tutti: ci sono persone che, talmente assuefatte e schiave del sistema, non riescono a spezzare le catene immaginarie che hanno ai polsi.
L’invito per chi ha già compreso e abbracciato uno stile di vita empatico, è quello di continuare senza dubbi né incertezze: l’amore verso ogni forma di vita è l’unica verità che conosciamo.
A chi invece nutre astio verso le persone sopra descritte, il mio invito è quello a deporre le armi sociali, realizzando che ogni regola, ogni realtà deve essere analizzata e valutata, prima di essere accettata ad occhi chiusi. Quando li avrete aperti, noterete una società violenta, che si arroga il diritto di far male ad altre esistenze, e che potrebbe diventare un genere virtuoso e positivo se solo venisse meno alla cieca obbedienza verso regole speciste.
Buona riflessione.
Carmen Luciano
°°Trenta Primavere°°
Ho un ricordo di quando ero piccola che ogni tanto mi ritorna alla mente.
Era il 19 aprile, non so con esattezza di quale anno. Forse il 1999.
Dopo la festa a casa, i giochi in salotto con gli amici, le grida di allegria, le risate, la musica delle cassette, le candeline spente e la buonissima torta preparata da mamma gustata assieme alle bibite del piccolo rinfresco, uno ad uno i miei compagni e le mie compagne andavano via assieme ai genitori che erano venuti a riprenderli.
Rimasta vuota la sala, mi misi a sedere su una sedia e aprii silenziosamente i regali che mi erano stati portati. Senza rovinare la carta perché, come mi aveva insegnato mamma, si poteva riutilizzare.
Ne avevo aperti pochissimi davanti agli amici di regali. Giusto quelli di chi insisteva per vedere se mi piacesse il dono. Un po’ mi metteva in imbarazzo ricevere doni ed essere al centro dell’attenzione. Così con la scusa del “dopo li apro“, riuscivo a far passare il tempo, a far passare il pomeriggio, a salutare gli ospiti che andavano via, arrivando così a scartali in semplice compagnia di me stessa. E ne assaporavo ogni minimo istante, di quel momento tutto mio.
Ricordo che pensai “come sarà avere 11 anni? E 16?“.
Mi immaginavo grande. Creavo dentro di me il mio aspetto da ragazza che ancora non ero, e mi perdevo in quel pensiero che piano piano sbiadiva nella mia mente.
Sono passati tanti anni da quel ritaglio di vita. Ho raggiunto un’età in cui non mi ero mai immaginata. Non perché non volessi arrivare a tale traguardo esistenziale, ma perché io trentenne proprio non riuscivo a vedermi.
E adesso lo sono.
Stamattina la mia migliore amica mi ha chiesto “cosa si prova ad avere 30 anni?“. Le ho risposto che la mia parte interiore già li aveva, e che finalmente era arrivata alla stessa età anche la mia parte corporea, materiale. Sì, adesso mi sento in equilibrio di età mentalmente e fisicamente. Mi sento bene. Mi sento pronta a tutto ciò che il destino vorrà propormi e che attendo mi proponga.
Di queste trenta primavere passate sulla terra, ho diverse considerazioni da fare. Vorrei per prima cosa ringraziare mia mamma, che mi ha dato la vita, protetto, sostenuto e supportato nel migliore dei modi che ha potuto.
La ringrazio anche per avermi lasciato la libertà di diventare vegetariana a 12 anni, nel 2002: se oggi ho compiuto 17 anni e mezzo senza introdurre sofferenza animale nel mio organismo, lo devo anche a lei.
Voglio poi ringraziare tutte le persone che mi hanno fatto del male, deluso, ferito, schernito, umiliato, tradito: è grazie a loro se oggi sono ciò che sono. E’ grazie a loro se ho scoperto l’importanza dell’amor proprio e di quanto abbiamo bisogno di proteggere, amare e credere in se stessi. Ringrazio soprattutto le persone che mi hanno fatto del bene, che mi hanno aiutata nel mio percorso di crescita interiore, che è andato potenziandosi negli ultimi anni. Alcune sono ancora accanto a me. Altre lo sono sempre, ma non più fisicamente.
E ringrazio tutte le persone che fanno parte della mia vita, oltre a quelle che ne hanno fatto parte per un periodo.
Oggi sono una persona di 30 anni con un passato segnante e significativo, sicuramente non facile, ma che come tanti altri esseri umani ha trovato il modo e il coraggio di riscattarsi in molte situazioni. Sono fiera di quanto ho costruito e di dove sono arrivata.
Una cara amica di università, Maria, mi ha detto tempo fa: “il periodo dai 30 ai 40 anni è quello più bello in assoluto“. Credo abbia ragione. Mi guardo indietro senza nostalgia e vedo la crisalide che rimane di me. Guardo avanti e penso a tutto ciò che dovrò ancora vivere, e mi sento pronta. Mi sento la persona giusta al momento giusto. In questo nuovo decennio esistenziale che si è appena aperto mi aspetto molto da me stessa e con tutte le mie energie mi impegnerò a concretizzare le idee che per ora sono astratte, immateriali, eteree nella mia mente.
La carriera che sogno, la famiglia che voglio, i progetti che ho..
Ho tutta la volontà di accrescere la mia cultura, la mia interiorità, le mie esperienze, la mia consapevolezza e di condividere anche con voi la mia crescita personale attraverso questo blog. Come faccio da 14 anni.
Sempre nel rispetto della natura, e degli animali.
Ringrazio con tutto il cuore chi, oggi, mi ha dedicato un momento del suo tempo per farmi gli auguri, per inviarmi un messaggio, per farmi una telefonata. Ringrazio Silvia, i miei amici e le mie amiche per la sorpresa ricevuta a distanza, ringrazio il mio fidanzato per il bellissimo regalo che mi ha fatto recapitare a casa e le altre persone che con tanta gentilezza mi hanno spedito un dono. Voglio ringraziare poi mia mamma e mio fratello per aver preparato uno squisito pranzo di compleanno con una favolosa torta Sacher al cioccolato.
Anche se in quarantena, anche se in casa, anche se impossibilitati a vederci, grazie a chi mi vuole bene oggi è stato un bellissimo compleanno. Indimenticabile.
Grazie!

Carmen













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